LA LINGUACCIA. La "mignotta" e la favola della mamma perfetta
La nostra società attraverso l'etimologia, a cura di Teresa Giannini
Siamo arrivati al quarto e ultimo numero del ciclo dedicato agli insulti diretti alla donna (leggi i tre precedenti: troia, puttana, cagna). Oggi ripercorriamo la storia e i significati assunti da “mignotta”, cercando di dare, o meglio, togliere un senso al perché continuiamo a usare questo epiteto.
Ho scelto di aprire l’edizione con una foto di Beyoncé Knowles perché ha mostrato la maternità come una forza divina, ma allo stesso tempo sensuale e affascinante. Tuttavia, il messaggio che vorrei trasmettere è che non siamo tutte Beyoncé, non possiamo esserlo e non dobbiamo essere spinte a credere di doverlo diventare per essere donne e mamme perfette.
Conosci l’autrice 📝
Standard di perfezione irrealistici e incomprensibili aspettative da soddisfare sono due delle peggiori piaghe con cui la società ha scelto di farci misurare. Oggi come oggi è un fenomeno che riguarda tutti ma, andando indietro nel tempo (neanche troppo), scopriamo una tendenza palesemente sessista. La storia degli insulti ne è una conferma, basta fare un elenco di quanti possono essere rivolti esclusivamente alle donne, senza avere corrispettivi maschili (con uguale senso dispregiativo).
L’origine a Roma, nei registri dell’anagrafe
Dunque quale ideale deve disattendere una donna per essere definita mignotta? Secondo una spiegazione tratta dal Dizionario romanesco di Fernando Ravano (1994) «L’origine del vocabolo risale ad una popolare interpretazione dell’annotazione matris
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