La notte in cui la luna scomparve
Parte 4/4 di un racconto fantastico firmato da Teresa Giannini
Caro lettore,
se sei arrivato fin qui, vuol dire quasi sicuramente che abbiamo qualcosa in comune: un tratto caratteriale, parte della nostra educazione, un trauma. O magari abbiamo semplicemente la stessa età e tanti ricordi simili.
Ti dico questo perché penso che i motivi per iniziare una lettura siano tanti e quelli che poi ci spingono ad arrivare alla fine possono addirittura essere altri, ma di un dato sono certa: non si legge nulla che non ci appartenga già un po’. Abbiamo bisogno di un certo livello di risonanza, altrimenti ci sembra di stancare gli occhi e basta.
Cosa tu abbia trovato o anche solo cercato tra queste righe non posso saperlo, ma se è vero che esiste un filo tra te e me, so che tra pochi minuti avrai la testa piena di domande. Aldilà della normale curiosità, sappi che non è necessario rispondere.
Per non rischiare di farti iniziare dalla fine, a questi link trovi i tre episodi precedenti 😉👇🏻
Buona lettura,
Teresa
9.
- Oh meno male! Sapevo che ti avrei trovata qui. Devi aiutarmi, dobbiamo sistemare questo guaio. So che tu puoi trovare dentro di te la risposta, le coordinate da seguire.
- Buongiorno anche a te fratello. La mamma è scappata lasciandomi qui in città, ma credo stia bene e io, almeno nel corpo e per ora, sono tutta intera. Grazie per averlo chiesto.
- La mamma è scappata? Da sola? Ma cosa stai dicendo?
- Ieri notte. È venuta di corsa in camera mia dicendomi che dovevamo andar via perché la luna non si trovava più e se la sarebbero presa con te e anche con noi se ci avessero trovate. Io all’inizio le ho dato ascolto ed ho preparato la valigia, ma poi siamo passate qui davanti e qualcosa mi ha detto di fermarmi…
- Chi? Chi se la prenderà con me?
- Con Noi, fratello. Con Noi.
- Scusami. Sono sconvolto, non so cosa dico.
- No, non lo sai, ma pensare a te stesso ti riesce benissimo mi sembra.
Il discorso si sta facendo esageratamente complesso e noi non abbiamo tempo. Questo penso.
- Sono uscito di casa di corsa e sono venuto dritto qui. Non ho idea di come io faccia, ma so sempre dove sei. L’unica persona che non potrò perdere mai sei tu, in una casa grande quanto il mondo. E che io non sappia dimostrare quanto questo sia fondamentale nella mia vita, non è in discussione. Ma adesso ho bisogno che scruti gli angoli dell’universo e che ritrovi la luna, ti prego. Fallo.
- Vuoi davvero che lo faccia? Pensaci bene, perché non avrai un’altra possibilità di sottrarti al tuo impegno.
Mia sorella è una creatura molto più degna di me, è evidente. Così piccola e forte da incutermi timore. Bella, intelligente, risoluta. Se non avessimo il sangue in comune, non proverei vergogna nel dire che è perfetta.
- Sì, fallo. Posso aiutarti in qualche modo?
- Farai quello che hai sempre fatto, stai tranquillo.
Quando mai ti ho aiutata a fare qualcosa? Mi chiedo.
- Guardami negli occhi…
Questa sua cosa del leggermi dentro è a tratti davvero spaventosa. Penso. Mi fa venire i brividi! Divento in un attimo più vulnerabile di un neonato lontano dalla madre, sento come di non avere barriere o protezioni di alcun genere. Ad essere onesti non mi piace affatto essere invaso così, ma non ho scelta: devo permetterglielo se voglio riparare a questo casino.
-La luna si è tuffata nel mare. Sta galleggiando vicino alla grotta dove mi portavi a nuotare da piccola. Vai subito o la troverà un qualche pesce confuso che se la mangerà senza eccessivo rimorso.
- Come? Sei sicura?
Ovvio che è sicura mi dico: lei parla per verità, l’incertezza (grazie a dio) non le appartiene.
- I pesci hanno memoria breve, troppo breve…Sì che sono sicura, so come funzioni meglio di quanto non lo sappia tu.
Appreso quanto dovevo, ho lasciato mia sorella nel prato di margherite, correndo verso il mare dove avrei recuperato la luna.
Mentre mi allontanavo, mi sono voltato. Lei era ancora lì seduta, tutta sola, con lo sguardo tenero, impaurito e ferito rivolto verso di me. In un momento di completa dissoluzione del mio essere mi sono salite delle parole caldissime dalla bocca dello stomaco. Due parole sole, semplici, terribili, e gliele ho gridate con tutta la voce che ho trovato nell’aria, tanto da restare muto da quel giorno in avanti.
Non dimenticherò mai quel mercoledì mattina. Il giorno in cui avevo creduto di aver perso per sempre la luna, per poi ritrovarla a cullarsi beata in mezzo al mare. Il giorno in cui ho compreso cosa significhi il prendersi cura.
Non vedo mia sorella da allora e non parlo più da allora. Ma credo che non avrei mai potuto pronunciare due ultime parole migliori di quelle.