Caro lettore,
settembre è iniziato e, come di consuetudine, Stay. dedica questo mese ai reportage di viaggi! Un’uscita a settimana, alla scoperta di posti nel mondo dove fermarsi, scoprire e amare. Sei pronto? Oggi è il turno della Dalmazia!
Esistono due facce di ogni posto nel mondo: quella vissuta e raccontata dagli altri e da noi e quella descritta sulle guide per viaggi o sui libri di storia. Qual è quella più affidabile tra le due? Nel descrivere il mio viaggio in Dalmazia, mi trovo esattamente in questo limbo, nello spazio mediano tra quello che ho vissuto io e quelle che sono le caratteristiche che ne delineano la personalità.
Il mio viaggio comincia a Roma Fiumicino dove, già durante l’attesa per prendere l’aereo, mi rendo conto che la meta in cui mi sono imbattuta quest’anno non è tra le più ambite, visto il numero esiguo di turisti che attendono il volo, contro una somma decisamente più numerosa di passeggeri che rimpatriano a casa loro. Decolla il volo e in cinquanta minuti passiamo una coltre di nubi al termine delle quali entro letteralmente e visivamente nel mio viaggio. Viaggiare è, prima di tutto, guardare con occhi nuovi la diversità, non considerandola un ostacolo bensì stimolo per vivere a pieno. Ed effettivamente, superate le nubi con l’abbassamento progressivo del turbo elica, i miei occhi tornano vergini di meraviglia nell’osservare la laguna dalmata in cui passerò i prossimi otto giorni, un amalgama tra di azzurro intenso e verde tra la fauna selvaggia e il mare cristallino che penso delinei perfettamente questa regione. Uscita dall’aeroporto, infatti, i miei occhi sorridono proprio nell’ammirare il sole che tramonta colorando il mare ai piedi di una montagna piena di verde: l’arrivo che solo chi vive in una città di mare può avere il privilegio di vivere quotidianamente (un po’ la stessa sensazione che provo ogni volta che mi trovo all’aeroporto di Palermo mentre ammiro il mare con un cannolo in mano appena scesa dall’aereo).
Spalato è la città in cui trascorrerò i prossimi giorni, sicuramente non la scelta più azzeccata se penso alla mia concezione di viaggio, considerando che è la classica città di mare che si affaccia sul porto con una rambla costeggiata da palme, locali turistici e un centro storico che scalda l’atmosfera vacanziera ma che regala, tuttavia, dei paesaggi e delle esperienze che non fanno pesare la staticità fisica che un viaggio on the road, come quello fatto in Marocco lo scorso anno, esclude a priori. Colonia greca, Spalato deve il suo nome alla ginestra spinosa, molto comune nella flora dalmata, che in greco antico era denominata Aspálathos oppure Spálathos, nome poi dato alla colonia greca che ha originato la città. La capitale dalmata nasconde piuttosto bene le influenze che la caratterizzano oggi nella sua essenza: i due periodi bizantini, quello croato, ungherese, greco, veneziano, austriaco, l’annessione alla Jugoslavia e poi all’Italia sono in un certo senso fagocitati dall’epicentro di questa città, simboleggiato dalla traccia romana attraverso il Palazzo di Diocleziano.
E, in effetti, arrivando nel centro della città due sono le cose che catturano la mia attenzione: il flusso di vita che trasuda dalla via principale e le mura di pietra bianca del Palazzo di Diocleziano, fatto edificare tra il 293 e il 305 d.C. che, illuminate dalla luce dei lampioni, conserva un’atmosfera anacronista che funge da calamita per i turisti. La prima sera a Spalato, infatti, stanca dal viaggio, mi sono riservata l’anelo del centro storico per il giorno successivo, gustando un gelato non troppo buono al modico prezzo di 9 euro. Sì, avete sentito bene. Se c’è una cosa che non rifarei a Spalato è mangiare il gelato: la cialda costa dai 2 euro in su e i gusti selezionati si aggiungono al costo della cialda, concezione ben lontana dalla nostra italiana secondo cui si aggiungono tanti gusti quanti ne consente la cialda scelta rimanendo invariato il costo finale del gelato.
La mia settimana di vacanza a Spalato si apre con una colazione salata sul lungomare di Bakvice, la spiaggia più frequentata in quanto raggiungibile a piedi dal centro della città, sicuramente quella più lontana dalla mia concezione di mare e relax. L’assenza totale di spiaggia, che riserva solo piccole lingue di ciottoli, alghe e cocci di vetri, costringe i bagnati a distendersi sull’asfalto in mezzo alla gente che cammina sul lungomare, situazione alla quale dopo qualche ora ci si abitua e si apprezza, paradossalmente, perché possiede una caratteristica che non riscontro nelle spiagge italiane più frequentate: il leggero brusio delle persone che gioca a carte e con la palla in acqua, e il rumore delle onde che accompagnano una vista che tiene gli occhi aperti e incollati verso il mare cristallino in contrasto con una flora folta e verde. Le successive spiagge in cui sono stata sono sicuramente più vivibili se si vuole passare una giornata intera al mare, tanto da ottenere un bel dieci per posizione e panorama.
Se penso che il mare che bagna Rimini, Pescara o Ancona è lo stesso che abbraccia le coste della Croazia, rimango incredula di fronte questa certezza geografica. Il mare Adriatico che incornicia la laguna dalmata è di un azzurro che passa da una sfumatura all’altra grazie al fondale variegato e ricco di flora marina. La Laguna Blu, infatti, regala una delle esperienze più emozionanti che si possano vivere andando a Spalato, con un mare turchese e azzurro scuro allo stesso tempo, piacevolmente ammirabile facendo snorkeling.
Una delle esperienze più belle che la Croazia possa regalare sono i parchi naturali, dal Parco di Plitvice, di bellezza e grandezza indiscussa, al Parco Nazionale di Krka, a un’ora da Spalato. Dopo una piccola crociera sul fiume che mi fa addentrare sempre di più nel parco, mi attendono due chilometri di percorso tra cascate, pranzo con un panino vista cascate su un salotto di alberi e sassi ergonomici, ponti di legno sospesi sui torrenti e nessun rumore se non il cinguettio degli uccelli, lo sbattere delle ali degli insetti, le cicale e lo sgorgare dell’acqua. Probabilmente il ricordo più bello di questi otto giorni lo conservo proprio in questo luogo, così lontano dalla frenesia e dalla quotidianità cui sono abituata, in un tempo e luogo che lascia spazio solo alla contemplazione.
Il limbo iniziale cui faccio riferimento rimanda alle controversie che ho vissuto in questi otto giorni: da un lato paesaggi che hanno il ruolo di fotografie istantanee, fermano il tempo e lo portano in una dimensione paradisiaca. Dall’altro, invece, una città assorbita dal turismo e scandita da ritmi economici a tratti insostenibili, prodotto di una concorrenza europea che lo trasforma da Paese ambito per la sua atipicità in fatto di stile di vita e tenore economico, a Paese da evitare per la sua omologazione agli standard economici europei che lo obbligano o definirlo l’ennesima meta inavvicinabile dal punto di vista economico. Un luogo piacevole da scoprire girando in barca o percorrendone la costa ma, soprattutto, ancora tanto da valorizzare.