Alla scoperta del Marocco, terra di colori e sapori
Terra di colori e odori, riuscirebbe a rapire e stupire persino il re degli scettici. Eppure, la sua frenesia urbana unita alla tranquillità naturale dei paesaggi che la abitano in un alternarsi graduale, fa immergere abitanti e turisti in un luogo e tempo dove lo scorrere dei secondi sembra fermarsi: le giornate trascorrono lentamente e intensamente, lasciando spazio alla contemplazione e al gusto di vivere. Con questa foto di copertina che apre l’edizione dedicata alle nostre cartoline dal mondo, introduciamo la prima tappa dei nostri viaggi: il Marocco.
“Benvenuto in Marocco” è la frase che ho sentito più volte pronunciare nei souk delle medine che ho visitato, durante gli acquisti che mi sono portata in Italia: un dromedario di bronzo, un tuareg fazzoletto ceruleo, un rossetto tipico marocchino contenuto dentro un piccolo tajin e un gratta e vinci regalatomi da Soufiane, lo steward a bordo del volo di andata da Ciampino-Marrakech. Già nei primi istanti di questa vacanza mi ha sorpreso la costante che accomuna il popolo marocchino: la gentilezza. Una qualità, o meglio, virtù ormai poco conosciuta in occidente, inquinato da quel consumismo che vincola le nostre scelte e la nostra consapevolezza. Questo è il dono che mi ha accompagnato durante gli otto giorni di tour tra città, montagne e deserto, alla scoperta di una terra passionale, gentile, sensuale, esotica e ricca. Grazie alla guida Tour-Marocco, operante dal 2014 con una cifra unica, ovvero la creazione di viaggi su misura, mi sono affidata e fidata di Lahcen, il driver che ha guidato tutto il viaggio, con il supporto virtuale di Antonella e Moustapha, al timone dell’agenzia, sempre presenti con buoni consigli e parole. All’aeroporto di Marrakech inizia il mio viaggio, un viaggio che non sapevo mi sarebbe rimasto impresso nella mente e nel cuore.
1° giorno – Marrakech: Spaesata ma felice
Arrivata a Marrakech, in compagnia di mia sorella Giovanna e della mia amica Antonella, ci accoglie Lahcen col cartello di benvenuto “Tour-Marocco”: saranno almeno trenta i driver che attendono i loro ospiti, tutti col sorriso stampato in faccia nonostante le ore di attesa all’uscita con il cartello di benvenuto. Andando verso il nostro riad non posso fare a meno di osservare dal finestrino, proprio come quando ero piccola, il caos che mi circonda: auto che sfrecciano da una strada all’altra, motorini con a bordo anche cinque persone, negozi illuminati e una piazza principale governata dalla torre della Moschea. In Marocco le moschee sono come fari nella notte, punti di riferimento che conferiscono un senso di appartenenza, specie durante i cinque richiami quotidiani alla preghiera, dove diventano protagoniste indiscusse per l’origine dei canti dei muezzin, suono che unisce città e villaggi.
2° giorno – Meknes: le mie prime volte in Marocco
Dopo una ricca colazione nel riad “Le coq berbère” nel cuore della medina di Marrakech, ci mettiamo in cammino con Lahcen alla guida verso la prima delle tre città imperiali che abbiamo visitato in questi otto giorni, Meknes. Le quattro città imperiali marocchine sono ognuna rappresentate da un colore: Meknes è la città verde, come le famose olive con le quali si produce l’olio più pregiato del Marocco. Durante le cinque ore di viaggio da Marrakech a Meknes, attraversiamo villaggi color sabbia, autostrade immerse in zone desertiche, costeggiando il mare, in un silenzio al sapore di imbarazzo e stupore. Arrivate a destinazione, Lahcen ci porta in un ristorante sontuoso – normalità nell’arredamento marocchino caratterizzato da lampadari, tappezzerie colorate e pregiate e quadri appesi - in cui mangiamo per la prima volta il pollo al limone e l’harira, una zuppa tipica a base di pomodoro e, al seguito del pranzo, ci attende la nostra prima guida del tour, Said, biologo sapiente, che con il suo sapere, ironia e gentilezza inizia a farci innamorare della cultura marocchina. Addentrandoci nel cuore della medina, attraverso le sue parole i suoi insegnamenti, mi rendo che quell’apparente caos è fa parte di un progetto architettonico ben preciso che caratterizza le città imperiali: ognuna di esse è formata dalla parte nuova, dalla medina, dalla parte militare e dal palazzo reale, tutte convergenti nella piazza principale, in cui si trova la moschea. Tutte zone totalmente differenti tra loro ma accomunate da dettagli tipici dell’architettura marocchina come gli archi a forma di ferro di cavallo e le ceramiche. Con lo zaino vuoto e la testa piena, ci dirigiamo verso Fes, la città per antonomasia dell’artigianato famosa per essere la medina più grande del Marocco.
3° giorno – Fes, we love shopping
Fes è indiscutibilmente la città dell’artigianato, infatti il colore che la rappresenta è l’azzurro, come le maestose ceramiche che si producono. In compagnia della nostra guida Rahid andiamo alla scoperta della città in cui vivo gli incontri e le esperienze più divertenti di tutto il viaggio. Tra le vie strette dei souk è facile perdersi e immergersi nella quotidianità del posto: erboristerie, negozi che vendono e producono ceramiche, gioiellerie, concerie, alimentari, macellerie e negozi che vendono sciarpe e tappezzeria si alternano lasciando spazio a qualche negozio di souvenir. Mi abbandono, quindi, alla confusione facendomi sedurre dalla persuasione dei venditori marocchini (sempre sorridenti), virtù che li rende unici al mondo, comprando tutto ciò che possa considerarsi tipico della zona. Poco prima di pranzare in un sontuoso ristorante di Fes, assisto a qualcosa di eccezionale per noi occidentali ma ordinario in Marocco, ovvero il richiamo alla preghiera: l’incombenza del canto del muezzin, forte, vibrante, quasi ipnotico fa accorrere tutti i fedeli uomini verso la moschea più vicina. Spintoni da ogni lato che nel giro di un minuto rendono la medina deserta e silenziosa: un rito così diverso dalle abitudini religiose cristiane, è un momento di forte comunione che unisce i fedeli e incanta i turisti. A Fes, città in cui soggiorno per due giorni, ho sentito ben dieci richiami alla preghiera e ogni volta rimanevo con lo sguardo fisso a osservare la medina, la più grande di tutto il Marocco, così vorticosa al suo interno ma trasudante di vita e pace dall’alto. Qui ho lasciato il mio cuore, oltre che i miei soldi.
4° giorno: Verso Merzouga, dalla città, alle montagne, fino al deserto
Partita da Fes passano sei ore prima di dirigerci verso il Sahara, nel villaggio di Merzouga che porta alle dune di Erg Chebbi. Nella vita ho sempre sognato di visitare Marrakech senza considerare di poter vivere, visitare e vedere il Marocco nella sua interezza. Attraverso il Medio Atlante incontriamo paesi di montagna somiglianti alla Svizzera, con una sosta per il pranzo a Midelt, la città delle mele e, continuando per Erfoud lungo la valle dello Ziz, costeggiamo villaggi fortificati cui architettura preannuncia le oasi pre-sahariane, caratterizzati da bimbi scorrazzanti per le strade, uomini seduti al bar e donne col capo e, talvolta, col viso coperto, simbolo di quanto l’entroterra, in qualsiasi posto del mondo, sia più semplice, ingenuo e tradizionalista. Avvicinandoci a Merzouga noto quanto il paesaggio cambi progressivamente dalle montagne verdi, al deserto roccioso fino a quello sabbioso, destinazione anelata che ci accoglie con una tempesta di sabbia rischiosa per il nostro tour sul dromedario. Durante il viaggio cambia anche Lahcen, il nostro driver, più disteso, sorridente e accomodante di fronte l’andamento emotivo di tre donne euforiche per le tante prime volte di questo viaggio ma, soprattutto, contento di tornare a casa sua, il deserto, luogo dove è cresciuto e in cui torna periodicamente per andare a trovare sua madre, sua sorella e i suoi nipoti. Il deserto è un luogo unico al mondo, non solo per l’immenso tappeto di oro rosso che lo caratterizza e per il cielo stellato simile a quello dei cartoni animati, bensì per il silenzio quasi assordante e costante: mi sento quasi fuori luogo per la mia loquacità e mi accorgo, finalmente, di quanto esso sia prezioso. Me ne accorgerò il mattino seguente dopo aver visto sorgere il sole dalle dune a contatto diretto con la sabbia fresca che entra nelle tasche dei pantaloni, ricordando la sera precedente in compagnia dei nostri amici berberi che, a suon di tamburi e canti popolari, ci hanno accolto nella loro casa facendoci sentire parte della loro grande famiglia, venendo incontro alla nostra cultura occidentale amante dei festeggiamenti, tanto da preparare una festa di compleanno per mia sorella. I nomadi, che non danno importanza alle date dei compleanni, hanno avuto il piacere di condividere e festeggiare un evento che per noi era importante. Con le lacrime agli occhi e tanta emozione nel cuore salutiamo Merzouga sulle note di Mistery of love.
5° giorno: Valle del Dades: incontri speciali
L’esperienza nel deserto mi lascia la tristezza di chi abbandona un posto in cui si sente a casa ma, allo stesso tempo, mi dà la consapevolezza del fatto che il viaggio si avvicina alla destinazione. È proprio durante questa presa di coscienza che vivo gli incontri e le esperienze più intense: il mio bagaglio culturale e personale si appesantisce e mi rendo conto di quanto sia bella la diversità e l’incontro. Me ne accorgo quando a Rissani il venditore di spezie mi dice “Se compri, benvenuto in Marocco, se non compri benvenuto lo stesso, se compri e non hai soldi, paghi la prossima volta”. Me ne accorgo nelle Gole del Toudra nel sorriso divertito delle persone che osservano curiose l’andatura goffa di tre donne che non sanno evitare l’ennesima tempesta di sabbia. Me ne accorgo nella Valle del Dades quando incontro lo sguardo di Mohammed, bimbo nomade di dieci anni che su un belvedere panoramico attende che arrivi qualche turista per dargli cibo e attenzione e, infine, me ne accorgo la sera trascorsa all’Hotel Babylon, durante un concerto berbero dove imparo a suonare il tamburo in compagnia di persone vitali e generose.
6°giorno : Arrivederci al deserto, verso Ait Benhaddou
Il viaggio di ritorno verso Marrakech è lungo, intenso e carico di tutte le emozioni che mi porto dentro e che presto si trasformeranno in ricordi da condividere. Prima di tornare nell’ultima città imperiale dove tutto è cominciato, attraversiamo Ourzazade, la Valle del Dades, delle Rose per visitare due Kasbah, case costruite con paglia e fango, ospitanti le famiglie numerose. La prima, di Amridil, ci è stata presentata da Abdul, guida d’eccezione che ci fa ballare e conoscere la storia della sua famiglia e la seconda, Ait Benhaddou, oggi patrimonio dell’UNESCO, è un borgo che sorge sulla riva del fiume, un tempo crocevia per le carovane e oggi ambientazione di molti film che hanno segnato la storia del cinema. Nella strada di ritorno verso Marrakech, passando per il Grande Atlante, ripenso con nostalgia ai giorni trascorsi, pronta ad affrontare gli ultimi due giorni nella città che ho desiderato per anni, ora punto di approdo e raccoglimento.
7° e 8° giorno: Marrakech, dove tutto è iniziato
Quando si parla del Marocco viene in mente subito Marrakech, seppur non sia la capitale del Paese. Forse per il nome foneticamente suadente o per l’evocazione dell’esotico. Una volta arrivata nella terza e ultima città imperiale visitata, ho dato un senso all’ossessione per questa città, così controversa, sintomatica già dal colore che la rappresenta: il rosso. Vorticosa, sensuale, rumorosa, colorata, accogliente ma, allo stesso tempo, elegante sono le caratteristiche che più le rendono giustizia, merito dei venditori ambulanti che ne esaltano la bellezza attraverso i tappeti, l’argento, i quadri e l’abbigliamento, degli incantatori di serpenti che regalano un suono alla città con i loro flauti, dei ristoratori eccentrici che, la sera, nella piazza principale di Jemaa el-Fnaa, risucchiano i turisti con la loro veracità e merito delle guide, come Rashid, che con la conoscenza riescono a fare innamorare turisti e non della città.
Ho lasciato Marrakech, e il Marocco in generale, con nostalgia, ripensando a me poggiata sul finestrino dell’auto come quando ero bambina, con la macchina fotografica sul cruscotto pronta a testimoniare quello che ho visto cercando di dare anima agli scatti. Il Marocco è un Paese da visitare e vivere allo stesso tempo, in particolar modo se si vuole fare un viaggio diverso dai soliti standard europei, con la consapevolezza di fare tanti incontri, primo fra tutti con se stessi, perché viaggiare, in fondo, non è solo andare, ma è anche portare a casa.
L’edizione di settembre Stay postcards è dedicata alle nostre cartoline dal mondo. Vuoi scoprire quale sarà la seconda tappa? Iscrivi alla newsletter.