L'arte schiava dell'algoritmo: quando Instagram banna i capezzoli
Illustrazione di @nipples.paradise
Un bollino azzurro, con su scritto censured, salva dal cestino di Instagram l’illustrazione di Nipples’ Paradise. L’opera, che raffigura cinque personaggi in pose ascrivibili alla sfera sessuale, è stata rimossa dagli automatismi della piattaforma, perché ritenuta eccessivamente hard. L’artista francese però non si arrende e pubblica nuovamente l’immagine, censurata questa volta, ottenendo così il lasciapassare dell’algoritmo del social.
Tralasciando l’estro artistico con cui anche l’azione censoria si è trasformata in gesto creativo, viene da chiedersi se fosse davvero così necessario. Soprattutto, guardando i 350 post che compongono il feed di @nipples.paradise (e il nome in tal caso è esattamente un programma, traducendosi in “paradiso dei capezzoli”), non è la tensione erotica ciò da cui si viene colpiti. Le geometrie, i colori, le scene raffigurate, descrivono un mondo allegro e disinibito, ma molto lontano dalla carica sessuale che potrebbe sconvolgere o disturbare l’opinione pubblica.
I social network continuano quindi a dimostrare “fragilità di sistema”, nella gestione delle complessità etiche legate al potere che essi stessi esercitano sulla massa. Per un servizio Internet, finalizzato principalmente alla comunicazione tra esseri umani, non è affatto semplice regolamentare una disciplina che di per sé non ammette regole. Il settore dell’arte ha forse vissuto l’illusione di un “museo allargato”, attirato dall’idea di una mostra perenne, dalla visibilità che, in buona sostanza, i social offrono gratuitamente e senza sforzi eccessivi.
Ma la censura, soprattutto quella che discende da automatismi informatici, agisce senza pensiero critico, limitando ciecamente la libertà di espressione di cui l’artista si nutre. Questa edizione di Stay. si apre con un’immagine “riadattata”, ancora divertente e stuzzicante, ma non è l’originale: bisognerebbe concludere che sui social non c’è posto realmente per l’arte?
Teresa Giannini
L’arte nelle mani dei social: vizio o virtù?
di Paola Sireci
“Yesterday my illustration has been deleted by Instagram because it was too "olé-olé". Questa la didascalia che accompagna l’illustrazione dell’artista Nipples’ Paradise scelta per questa nuova edizione e che, metaforicamente, rappresenta il tema della censura, non solo artistica, sui social network. Genitali e capezzoli coperti anche in circostanze non sessualmente esplicite: sono questi i “balli proibiti” di Instagram, Facebook e Twitter che sembrano essere particolarmente suscettibili al nudo artistico, tanto da fissare delle linee guida volte a regolamentare e monitorare i contenuti fotografici dei loro creator.
“Sappiamo che talvolta le persone vorrebbero condividere immagini di nudo artistiche o di natura creativa, ma per diversi motivi non è consentita la pubblicazione di contenuti di nudo su Instagram[…]”, recitano le linee guida della community di Instagram, che mira a non ledere la sensibilità dei suoi utenti, tanto da proteggerli da qualsiasi contenuto che possa mettere in risalto zone del corpo considerate erogene, come capezzoli e genitali e da situazioni sessualmente esplicite. Il paragrafo riguardante la nudità dei contenuti termina con la frase “Sono inoltre consentite le fotografie di quadri e sculture raffiguranti nudi”: un inno alla libertà di espressione e di professione.
Allora perché la foto dell’artista Nipples’ Paradise è stata cancellata in quanto considerata troppo “olè-olè” e numerosi artisti o semplici creator si trovano a fare i conti con gli algoritmi dei più famosi social network, così impegnati a censurare e vietare nudi artistici ma a permettere, al contrario, contenuti al limite del pornografico con donne – il più delle volte – (s)vestite, immortalate in pose seducenti e provocanti?
Ci sono diversi fattori che determinano la censura di un post, primo fra tutti il tipo di social: è possibile constatare che ogni social network possiede delle linee guida specifiche che, tuttavia, si accomunano tra loro mentre il secondo fattore, il più rilevante, riguarda il Paese nel quale avviene la censura. Ci sono alcuni Stati in cui la libertà di espressione, anche attraverso i social, viene soppressa con pene che comprendono la reclusione, come la Cina oppure la Turchia che nel 2021 ha sancito la “legge bavaglio” sui social network, attraverso la quale lo Stato esercita direttamente il controllo su di essi e ne regolamenta l’uso da parte dei cittadini.
Una tendenza sempre più frequente dei Governi, dunque, è cercare di mantenere ordine pubblico e virtuale, attraverso dei vademecum volti a mantenere la civiltà e il decoro, tentativi falliti visti i sempre più frequenti episodi di cyberbullismo che incitano alla violenza, all’odio – da parte dei carnefici – e alla depressione, insicurezza e vulnerabilità delle vittime. In questi fiumi di parole, che posto occupano le immagini, con contenuti più forti, esplicativi o semplicemente decorativi?
Qual è il ruolo dell’arte all’interno dei social network, canale di comunicazione – forse – più importante attraverso il quale gli artisti pubblicano e fanno conoscere le proprie opere? In particolar modo social network come Instagram, Tik Tok o Pinterest, nati per postare contenuti artistici, dovrebbero essere allenati a riconoscere l’arte come tale anche quando si tratta di dover condividere nudi o sinergie fisiche allusive, senza dover censurare o vietare la loro pubblicazione. Un destino a cui molti artisti, viventi e non, si sono dovuti allineare controvoglia.
È il caso dell’Albertina Museum di Vienna al quale, nel 2021, è stato bloccato il profilo TikTok contenente degli scatti del fotografo giapponese Nobuyoshi Araki che mostravano parzialmente il seno di una donna. In anni precedenti è stato il turno del Leopold Museum che, nel 2018, ha pubblicato sulla sua pagina Instagram delle opere di Egon Schiele per commemorare il centenario della sua morte, poi è toccato alle opere di Peter Paul Rubens e alla Venere giunonica di Willendorf.
Simbolo della rivolta alla bendatura social dell’arte è stata l’apertura, da parte dell’Ente Turistico viennese, di un profilo OnlyFans in cui poter pubblicare liberamente le opere d’arte di artisti come Schiele, Modigliani, Gerstl, Moser e tanti altri, contenute nei musei della Capitale, un chiaro simbolo di orgogliosa rivendicazione dell’iconografia che caratterizza il Paese. Ma possono delle opere che hanno segnato la storia dell’arte, essere messe sullo stesso piano di contenuti pornografici, portando gli utenti della piattaforma a non riconoscerne il valore?
Una società che sessualizza tutto ciò che include la nudità e il contatto fisico, preferendo e accettando violenza e pornografia vestite da buone maniere, in linea con le linee guida della community, favorisce quel sistema bigotto che considera scandaloso un capezzolo scoperto o un’opera d’arte carica di energia erotica e di significato, non lasciando spazio alla libera espressione, professione e, concediamocelo, all’immaginazione che solo un’opera può evocare, creando in noi consapevolezza nel discernere la pornografia, considerata come tutto ciò che artisticamente offende il pudore, dall’erotismo che, al contrario, esalta la bellezza che si presenta attraverso la sensualità.
Come parlare agli adolescenti di nudità e sicurezza online?
Il podcast di Marzia Baldari
Alla scoperta di realtà poco conosciute. Analisi dell’immediato presente. Curiosando nel tempo libero.
Fatti, e non, che ci piace sapere.
Trump Vs. climate change: la storia infinita
di Chiara Conca
Si sa, Donald Trump è famoso per essere un personaggio che spacca in due l’opinione pubblica con le sue affermazioni e ultimamente non ha perso l’occasione per smentirsi. Durante il raduno “Save America” che si è tenuto ad Anchorage, Alaska, lo scorso 9 luglio, l’ex presidente degli Stati Uniti ha commentato l’innalzamento del livello dei mari così:
«Secondo il Green New Deal, varato 12 anni fa, ci sarebbero rimasti ancora solo 7 anni. Non credo che qualcuno sia molto preoccupato per questo, non è vero? Uno si può preoccupare per il riscaldamento atomico, non per quello globale. Ho sentito qualcuno dire che gli oceani si alzeranno di circa tre millimetri nei prossimi 300 anni. Abbiamo problemi molto più importanti di questo. Se accadrà, vorrà dire che avremo più case vista mare. Non mi sembra la cosa peggiore al mondo».
Se da un lato queste parole hanno incoraggiato l’applauso e il sostegno dei presenti, dall’altro hanno fatto molto discutere. Non solo Trump ha ironizzato su un tema molto caldo come il riscaldamento globale, a cui stiamo assistendo direttamente proprio in questi giorni. Lo ha anche sminuito come se non fosse un problema reale, confermando ancora una volta la sua natura di negazionista.
Ma facciamo un passo indietro. Già prima che venisse eletto presidente degli Stati Uniti, Donald Trump aveva espresso il suo scetticismo verso il cosiddetto global warming, insinuando addirittura che non fosse altro che un’invenzione della Cina per controllare e colpire l’Occidente. Non dimentichiamoci, inoltre, che è la stessa persona che durante la campagna elettorale del 2016 ha affermato: «È giunto il momento di mettere l’America al primo posto. Questo include la promessa di annullare spese di miliardi per la lotta al cambiamento climatico delle Nazioni Unite». L’anno successivo, poi, aveva fatto infuriare i democratici di Camera e Senato twittando: «Nella East Coast, potrebbe essere la notte di Capodanno più fredda mai registrata. Forse potremmo usare un po' di quel buon vecchio riscaldamento globale che il nostro Paese stava per pagare trilioni di dollari per proteggersi. Copritevi bene!».
Sebbene possa sembrare una cosa molto lontana da noi, poiché non direttamente percepibile, l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) ha affermato che stiamo già assistendo ad un innalzamento del livello dei mari dovuto allo scioglimento dei ghiacciai. La situazione sarebbe molto più grave di quella descritta da Trump. Secondo la National Oceanic and Atmospheric Administration, infatti, entro il 2050 gli oceani si innalzeranno di almeno 25,4 centimetri lungo le coste statunitensi; numeri molto diversi da quelli indicati dal conservatore. Addirittura, secondo un Rapporto dell’Onu del 2019, nei casi peggiori l’innalzamento potrebbe arrivare fino a 1,1 metri entro la fine del secolo.
Questo comporterebbe diverse conseguenze negative, come l’inasprimento di alcuni fenomeni atmosferici che provocherebbero inondazioni più estreme. Molte isole, inoltre, diventerebbero inabitabili, costringendo milioni di persone a migrare in altri Paesi, causando problemi di sovraffollamento. Non è tutto. Un innalzamento dei livelli delle acque avrebbe conseguenze gravi anche su attività produttive e agricole, danneggiando così il commercio e le materie prime.
Allora, vogliamo veramente qualche casa in più vista mare?
Gioie e dolori del calcio italiano in numeri
di Alessia Pina Alimonti
Il 13 luglio 2022 la FIGC ha pubblicato il Report Calcio 2022. Arrivato alla dodicesima edizione, il documento analizza i numeri del calcio riportando dati e statistiche che mettono in luce, in modo particolare, le perdite economiche derivate dalla situazione pandemica ma anche i successi derivati dalla vittoria degli Europei.
Gli effetti devastanti del Covid sono stati evidenti sul mondo del calcio. Partite non disputate o rimandate, protocolli anti-contagio, senza dimenticare le partite a porte chiuse. Per capire in modo dettagliato quanto hanno inciso a livello economico questi eventi è bene confrontare i numeri e questi sono riportati nel Report Calcio 2022.
Il dato più sorprendente è senza dubbio il calo della presenza di pubblico agli stadi. Partite a porte chiuse e ingressi limitati hanno quasi azzerato il numero dei tifosi in tribuna. Tra il 2018- 2019 e il 2020-2021, il numero complessivo di spettatori presenti negli stadi italiani per competizioni di alto livello (calcio professionistico e rappresentative nazionali) è passato da 16,1 milioni ad appena 148.248. Si calcola che solo per la Serie A gli spettatori potenziali persi ammontino a 13,1 milioni (3,5 per il 2019-2020 e 9,6 per il 2020-2021). Numeri che si ripercuotono anche a livello economico incidendo sui ricavi da ticketing. Per la massima serie sono stati totalizzati 349,5 milioni di Euro di incassi potenziali non realizzati derivanti dai biglietti.
Per quanto riguarda i deficit economici del calcio italiano, la perdita complessiva dei campionati di Serie A, Serie B e Serie C ha registrato un aumento dai 412 milioni di Euro del 2018-2019 agli oltre 1,3 miliardi di Euro del 2020-2021, con una perdita negli ultimi due stagioni di più di 2,2 miliardi di Euro. In un quadro del genere aumentano i debiti. Infatti, dal 2007-2008 i debiti hanno avuto un andamento crescente, nel 2019-2020 si assiste a un balzo passando dai 4771 milioni di Euro del 2018 ai 5261 milioni di Euro del 2019-2020, continuando a salire fino a 5364 milioni di Euro nel 2020-2021.
Con gli Azzurri il calcio italiano mostra, in parte, il lato migliore di sé. La Nazionale Italiana nel giro di un anno è passata dalle stelle alle stalle. Nonostante la delusione per la mancata qualificazione al Mondiale, il trionfo di Mancini non ci ha fatto solamente esultare di gioia, ma ha prodotto ricavi, posti di lavoro e prestigio internazionale. A livello sportivo è la seconda volta che gli Azzurri conquistano un Europeo, la prima risale al 1968. La Nazionale ritorna al quarto posto del ranking mondiale; Gianluigi Donnarumma è stato premiato come migliore del torneo e 5 giocatori inseriti nella top 11. Altri numeri che segnano il trend positivo della nazionale riguardano i risultati utili consecutivi. Con Euro 2020 sono 34 che arrivano a 37 nel post europeo, cifre che fanno degli Azzurri la Nazionale con il maggior numero di partite consecutive senza sconfitta nella storia del calcio.
Si va oltre il risultato sportivo se si pensa che sono oltre un miliardo le impressioni sui social media delle Nazionali, con oltre 100 milioni di interazioni e 2,7 milioni di nuovi fan e follower. Ancora, le ricerche su Google del termine “Italia” a livello mondiale hanno raggiunto il picco massimo storico proprio nel luglio 2021. L’europeo ha generato un impatto economico diretto per la FIGC stimabile in circa 36 milioni di euro; le vendite nette del merchandising ufficiale FIGC in Italia sono aumentate del 295%, mentre all’estero è stato registrato un +30%. Euro 2020, inoltre, ha avuto un influsso economico indiretto e indotto per il sistema paese stimabile in almeno lo 0.7% del pil circa 12 miliardi. Infine, l’effetto economico diretto, indiretto e indotto delle 4 partite giocate a Roma è di circa 168,8 milioni di Euro con un impatto occupazionale di 10.000 posti di lavoro.
Quelli del Report Calcio 2022 non sono solo numeri, sono la fotografia di come sport, in questo caso il calcio, economia e società siano incatenati tra di loro e girino come un ingranaggio dove gli effetti dell’uno si riversano sull’altro. Non dite “È solo una partita di calcio” se poi una finale europea genera posti di lavoro e una fetta, seppur minima, di pil.