Il nuovo volto della pornografia: vetrine virtuali per ragazze reali
Illustrazione di Julia Tabor per Lithium Magazine
Lungi dagli assolutismi che accusano “Google e Facebook” di aver deviato la società, sgretolando i sani valori di un tempo, è impossibile non constatare l’intricata rete di pericoli a cui è esposta quotidianamente una certa parte della popolazione mondiale. Uno fra tutti, l’illusione del denaro facile. Circondati da influencer che ostentano tenori di vita molto al di sopra della media, i giovanissimi sono invogliati a dedicarsi alle forme di lavoro introdotte dal social marketing. Ma inseguire la notorietà a tutti i costi, in particolar modo nella realtà fondamentalmente assuefatta che viviamo oggi, può facilmente compromettere la capacità individuale di discernimento: di fatto si è disposti a fare e a concedere sempre di più pur di apparire (e conseguentemente guadagnare), si accetta persino che il world wide penetri l’intimità domestica.
Julia Tabor, autrice della copertina di questa edizione, ha poco più di vent’anni ed è originaria delle Filippine. Fa parte di quella generazione definita GenZ che sin dall’infanzia ha avuto (almeno su carta) accesso a internet e ai social media.
La sua arte ha la freschezza che ci si aspetta da questa età, nella scelta dei soggetti, nelle forme e nei colori. Strizzando l’occhio al fumetto e al cartoon, Julia disegna le super girl della quotidianità (adolescenziale e neo adulta): ragazze romantiche e sognatrici o altre più decise, un po’ irriverenti. Giovani donne che ascoltano musica, chiacchierano con le amiche, stringono un cuscino immaginando chissà quali avventure. Giovani donne che si spogliano davanti allo schermo di un computer, fuorviate da una società che trasforma la loro sessualità in un servizio a pagamento.
La sua arte denuncia l’ingenuità a cui non dovremmo essere lasciati soli a questa età.
Teresa Giannini
OnlyFans e lo sdoganamento del soft porn della ragazza della porta accanto: rivalsa femminista o simbolo di sfruttamento patriarcale?
di Amina Al Kodsi
OnlyFans, un termine che può essere tradotto letteralmente come “solo ammiratori”, nasce nel 2016 nel Regno Unito come piattaforma di condivisione di contenuti. L’iscrizione al social è gratuita, ma per accedere a quasi tutti i contenuti presenti sulla piattaforma occorre pagare. Le tariffe medie variano dai 5 ai 7 dollari mensili, ma le star più famose possono chiedere molto di più. Il prezzo massimo per un abbonamento è comunque di 49,99 dollari mensili.
La piattaforma parte da un’intuizione geniale che consiste nel dare la possibilità agli influencer di monetizzare direttamente i loro contenuti.
Il creatore del social Tim Stokely ha saputo strumentalizzare da un lato l’esibizionismo degli influencer e dall’altro il desiderio dei follower di accedere alla loro sfera più intima, dando vita in questo modo a un business che oggi vale più di un miliardo di dollari.
OnlyFans non è un vero e proprio sito pornografico ma, a differenza di altri social network come Instagram, consente ai suoi utenti, denominati creators (per lo più donne), di pubblicare contenuti per adulti fruibili dagli abbonati (per lo più uomini).
La maggior parte dei contenuti sulla piattaforma è di carattere pornografico ed è proprio il fattore pornografico a costituire la maggiore attrattiva per coloro che decidono di abbonarsi ai servizi a pagamento.
Oggi il sito conta più di 170 milioni di iscritti e più di un milione e mezzo di creators in tutto il mondo.
Ma da dove deriva il successo di OnlyFans? Perché milioni di persone sono disposte a pagare per ottenere ciò che il web offre gratuitamente attraverso migliaia di siti pornografici gratuiti?
Oltre a blandire il bisogno primordiale di esplicitare il proprio diritto di possesso attraverso il pagamento di una somma di denaro in cambio di prestazioni di natura sessuale, l’accesso a contenuti speciali e la creazione di una sorta di legame con la persona dall’altra parte dello schermo ha sopperito alla totale mancanza di rapporti interpersonali che ha caratterizzato la nostra società durante la pandemia.
È stato proprio durante il lockdown che la popolarità della piattaforma è esplosa, facendo crescere il numero degli iscritti da 20 a 120 milioni e portando a un aumento del fatturato del 553% nel 2020, secondo il Financial Times.
Come tante altre industrie, anche quella pornografica ha trovato un nuovo modo per sopravvivere alla crisi determinata dal Covid-19, rispondendo alle esigenze di una società non solo più sola, ma anche sempre meno capace di rapportarsi con gli altri.
Per milioni di persone OnlyFans ha rappresentato quindi non solo uno svago sessuale, ma anche un antidoto contro la solitudine.
Se da un lato molti uomini si sono avvicinati al social per sentirsi più vicini all’altro sesso, dall’altro moltissime donne hanno iniziato ad utilizzare la piattaforma attratte dalla promessa di facili guadagni.
Le storie di persone che guadagnano decine di migliaia di euro mensilmente pullulano sul web, ma in realtà i guadagni non sono così alti per tutti. Secondo Trend Online, la retribuzione media si aggirerebbe intorno ai 180 dollari mensili e, nella maggior parte dei casi, lo sforzo e il tempo dedicati alla creazione di contenuti è uguale, se non superiore, a quello richiesto da qualunque altro lavoro.
Oltre a essere dunque uno specchietto per le allodole, tantissime donne, ancora molto giovani e vulnerabili, si avvicinano al social con troppa superficialità.
A differenza delle sex workers di professione, per le quali esso ha rappresentato effettivamente una svolta nell’esercizio della loro attività, le donne comuni spesso si espongono a rischi che forse non avevano del tutto calcolato.
Il fatto che l’attività si svolga all’interno delle rassicuranti mura domestiche dà loro la rassicurante illusione dell’anonimato, ma il rischio che le foto e i video possano essere diffusi in rete è concreto.
La narrazione edulcorata e romanticizzata di OnlyFans è riuscita a sdoganare il soft porn facendolo passare per un’innocua forma di intrattenimento.
Le numerose modalità di monetizzazione della piattaforma dalla messaggistica pay per view, allo Strip for tip, ovvero la possibilità di inviare mance alle ragazze durante video dal vivo per spronarle a togliersi sempre più indumenti sino alla cosiddetta Girlfriend experience, l’opportunità di pagare i creators affinché fingano per un giorno di essere fidanzati con i propri subscribers, però non lasciano dubbi.
Pur trattandosi di una forma in un certo senso “sterilizzata” di prostituzione che non prevede alcun contatto diretto con i propri fans, pur sempre di prostituzione si tratta. Ma non è questo a destare le maggiori preoccupazioni.
Il problema, infatti, non sta nella prostituzione in sé per sé, quanto nella sua mistificazione da parte dell’azienda e del marketing che ne determina un uso incauto da parte di moltissime persone, sopratutto quelle più giovani.
Ma sopratutto, il problema sorge quando il guadagno di soldi facili, attraverso la diffusione di foto e video espliciti, viene addirittura spacciato per una vittoria femminista.
Stando al sito dell’azienda, l’utilizzo di OnlyFans sarebbe empowering. La piattaforma darebbe in sostanza potere alle donne che, attraverso la propria sessualità, riuscirebbero a ottenere una sorta di rivalsa sull’altro sesso.
A detenere realmente il potere è però lo sguardo maschile al quale le donne sono costantemente assoggettate per ricavare profitti.
Uno sguardo che, su OnlyFans e sui social media in generale, le traduce in oggetti, determinando canoni estetici e comportamentali ai quali conformarsi.
Tutte coloro che credono di esercitare una qualche forma di potere seguendo la logica de “corpo è mio e ne faccio quello che voglio”, travisandone completamente il senso, non potrebbero essere più in errore.
La liberazione sessuale e l’empowerment delle donne non potranno mai passare per fenomeni come l’oggettivazione e l’ipersessualizzazione dei loro corpi. Sono concetti sbagliati e antitetici che favoriscono l’insorgenza e l’esacerbazione di altri comportamenti malsani come l’ossessiva dedizione all’aspetto fisico. Una dedizione che parte dalla convinzione che la bellezza fisica e l’appetibilità sessuale rappresentino gli unici metri di misura in grado di calcolare l’amore e il potere che meritiamo di ricevere.
Una reale conquista femminista non potrà mai essere condizionata dalla spasmodica ricerca di likes alle foto seminude ostentate su Instagram e delle tips su OnlyFans. Solo quando la sperimentazione e la libertà sessuale saranno completamente scevri dall’approvazione maschile si potrà, a pieno titolo, parlare di femminismo.
Per concludere, OnlyFans può essere utilizzato sì, purché ne venga fatto un uso consapevole. Purché le ragazze si rendano conto che si tratta di un lavoro nel quale, come in moltissimi altri mestieri, potranno sentirsi spesso sfruttate e in cui potranno trovarsi a soddisfare richieste sempre più insistenti che spesso le faranno sentire a disagio con il proprio corpo e la propria sessualità.
E’ importante che sviluppino la consapevolezza che la loro sessualità e la loro persona non ne usciranno magicamente “potenziate”, ma spesso alienate e frustrate.
Ma sopratutto, che non stanno combattendo nessuna crociata femminista.
Onlyfans è davvero un’alternativa al lavoro?
di Paola Martinelli
A meno che tu non abbia vissuto freezato o in coma negli ultimi anni, non puoi non conoscere Onlyfans. La piattaforma social più famosa degli ultimi anni, in particolare per la condivisione di contenuti a pagamento da parte dei creator, per lo più giovani utenti che raccolgono denaro grazie a chi è interessato a questi contenuti. Dal suo lancio, però, i content della piattaforma hanno assunto ben presto un carattere sempre più per adulti. Al momento, infatti, la piattaforma è piena quasi esclusivamente di video per adulti e video/foto soft-porn. Che dopo Instagram e Facebook, Tik Tok e Twitter, ci sia anche una piattaforma per condividere contenuti hard non stupisce, ormai il mondo digitale ha affiancato quello fisico ed era prevedibile che il lavoro dell’erotismo avrebbe raggiunto anche questa dimensione. Quello che invece incuriosisce è la dinamica che si cela dietro la scelta di molte giovani donne e uomini, spesso anche in carriera, di utilizzare la piattaforma come mezzo per guadagnare.
Onlyfans è divenuta una piattaforma che agevola il sex working, termine coniato per definire la pratica di prostituzione sul web: secondo un’indagine del 2020 condotta dall’osservatorio sulla prostituzione online Escort Advisor Insights, ci sono oltre 120mila sex workers in Italia in attesa di una legislazione che regolamenti il settore. Per intenderci, una categoria ben più numerosa di psicologi (100mila), geometri (95mila) o commercialisti (70mila). Infatti, gli stessi sex workers difendono la loro categoria con fermezza e orgoglio:
"Parlare di sex work è un po’ riduttivo, perché include attività molto diverse fra loro: porno attori, stripper, persone che lavorano con il nudo".
La piattaforma offre dei veri e propri vantaggi a chi vuole guadagnare grazie alla vendita delle proprie foto ed è per questo che diviene spesso un’ alternativa al lavoro reale per molti giovani o un hobby che si trasforma in un secondo lavoro. Dalle varie interviste sul tema si può notare che spesso chi si avvicina a OnlyFans lo fa perché ne ha sentito parlare da qualche conoscente rimanendone incuriosito, soprattutto perché in cerca di un’entrata in più per arrivare a fine mese. Molte persone raccontano di riuscire a guadagnare grazie al sito web anche migliaia di euro a settimana e non parliamo di personaggi pubblici, ma di semplici ragazzi/e che fino al giorno prima lavorano per retribuzioni minime. L'Italia - non dimentichiamo - è tra i Paesi con gli stipendi più bassi d'Europa e per i giovani la situazione è ancora più denigrante, considerando stage e tirocini non retribuiti. Il coronavirus, poi, è stato un deterrente per il mondo del lavoro: gli utenti iscritti alla piattaforma sono duplicati nel periodo pandemico.
Inoltre Onlyfans conta anche l’adesione di molte star, facendo crescere il fatturato. Emblematico è il caso di Bella Thorne che ha guadagnato oltre un milione di dollari in un solo giorno, aprendo un account a pagamento con la quota di 20 dollari. L’attrice è stata anche accusata di aver ingannato il pubblico per non aver pubblicato foto senza veli. Se da una parte la piattaforma contribuisce all'emancipazione del pensiero collettivo sul sex working, la speranza è che cadano tutti quei pregiudizi su chi utilizza il proprio corpo come mezzo per guadagnare, attuando con ogni diritto una scelta legittima e personale. Dall’altra gli utenti si aspettano di trovare dei contenuti diversi da quelli che si possono reperire su altre piattaforme e pertanto si sentono “ingannati” quando questi non sono per lo più hard.
Onlyfans non è, però, una miniera di denaro “facile” come molti vogliono far credere e, come tutto ciò che concerne il mondo web in generale, ha le sue insidie. Una fra tutte è la tutela del diritto d’autore dei creator che, a oggi, non viene garantita. Le foto che un utente trova sulla piattaforma possono essere utilizzate liberamente, minando la privacy dei creator.
La riflessione che viene spontanea non è quella se sia giusto o meno “vendere” il proprio corpo per guadagnare denaro, ma se sia giusto che questa divenga spesso una scelta quasi “obbligata”, perché il mondo del sex work dà molte più possibilità e gratificazioni.
Alla scoperta di realtà poco conosciute. Analisi dell’immediato presente. Curiosando nel tempo libero.
Fatti, e non, che ci piace sapere.
Aerei ecosostenibili? La NASA investe e punta a decollare nel 2030
di Teresa Giannini
La più famosa agenzia aerospaziale del mondo è alla ricerca di partner con cui progettare e costruire gli aerei del futuro. In un annuncio diffuso dal sito web ufficiale, la NASA si impegna a finanziare una o più iniziative per la realizzazione di un prototipo completo di aereo di linea a basse emissioni, puntando a concludere i test necessari e rendere operativo il progetto definitivo già nel 2030. L'obiettivo è sviluppare tecnologie e sistemi innovativi per trasformare i trasporti aerei a vantaggio dell’ambiente.
L’aspettativa è di selezionare, all’inizio del 2023, almeno un’azienda con cui collaborare materialmente alla messa a punto delle tecnologie e del design dei velivoli. L’accordo tra le parti vincolerebbe il soggetto privato a elaborare il piano tecnico, a co-finanziare i lavori, a costruire e testare il prototipo; la NASA, invece, garantirebbe l’accesso alle proprie strutture e fornirebbe il sostegno scientifico, studierebbe i dati raccolti in fase di prova e convaliderebbe la struttura dell’aereo e le nuove tecnologie introdotte.
Tale progetto fa parte della più ampia Sustainable Flight National Partnership: il contratto di cooperazione tra NASA e aviazione nazionale statunitense per lo sviluppo di tecnologie verdi destinate agli aeromobili, e attualmente si concentra sull’efficientamento energetico del modello più diffuso degli aerei di linea (single-aisle aircraft).
Bob Pearce, amministratore associato della NASA per la direzione della missione di ricerca aeronautica, afferma:
‹‹Nei prossimi anni, la mobilità aerea globale continuerà a crescere a un ritmo costante e gli aerei a corridoio singolo continueranno a trasportare la maggior parte di quel traffico passeggeri. Lavorando insieme all'industria, intendiamo cogliere l’opportunità di raggiungere i nostri obiettivi ambientali››.
L'amministratore delegato Bill Nelson sottolinea: ‹‹Sin dalla sua creazione la NASA ha collaborato con l'industria per sviluppare e implementare una tecnologia aeronautica innovativa da condividere con il mondo. Ora torniamo a lavorare insieme per un’aeronautica globale più pulita, più silenziosa e più sostenibile››.
Secondo alcune stime, al 2025, il traffico aereo arriverà a produrre 1,4 miliardi di tonnellate di anidride carbonica ogni anno, tra le emissioni a terra e quelle in cielo. Se finora i criteri di sostenibilità ambientale hanno avuto limiti di applicabilità nel settore dell’aviazione, il contributo della NASA potrebbe davvero rappresentare il punto di svolta necessario alla trasformazione radicale del sistema di trasporto su ali.
Fuga in paradiso
di Chiara Rebeggiani
Un microcosmo incontaminato, circondato da acque cristalline.
Un paradiso in terra. Così Eugenio Montale la descrive in una sua poesia tratta dalla raccolta Riviere.
Non troppo lontana, meta ambita per fuggire l’afa romana, l’Isola di Ponza mi regala un paio di giorni per riprendere fiato dal tran-tran cittadino.
Divisa tra storia e leggenda, secondo il mito omerico qui si trovava l’antica Eea, la terra della maga Circe, o meglio, l’isola-prigione di Circe. Il suo fascino ammaliante, così come ne parla Montale in senso figurato quasi stesse descrivendo una donna, definendola scontrosa e bellissima, diffidente e mai prevedibile, è ormai parte stessa dell’isola, divenuta un mondo a sé stante.
Dopo 45 minuti di tratta Formia-Ponza, scivolando sulle acque cristalline in aliscafo (che consiglio vivamente rispetto al traghetto), dall'oblò scorgo una striscia di case colorate. Approdo al porto e, messo il primo piede a terra, vengo immediatamente inglobata nella magia di questo posto. L’odore di pescato, delle reti lasciate ad essiccare al sole, un profumo morbido di salsedine. Lasciato il trambusto del porto, mi dirigo a casa.
Ponza è la mia seconda casa perché è l’unica dimensione che riesce a ripristinare quel qualcosa che la frenesia di tutti i giorni mi ha rubato. Il mio alloggio si trova nella località Le Forna, la parte alta di Ponza. Come ogni anno, quando mi concedo il mio breve stacco dal lavoro per rifiatare, affitto una casa piccola ma funzionale su alle Forna, perché il valore aggiunto per vivere a tutto tondo questa magnifica esperienza sta nel cuore ospitale degli isolani e nel lasciarsi ammaliare dalle loro storie, dalle leggende proprie dell’isola.
Di origine vulcanica con le sue coste calcaree, le sue baie e insenature frastagliate, le grotte sommerse narrano ancora leggende del luogo. Una di queste racconta come la grotta di Ulisse, dove psichedelici giochi di luce si accentuano sull'acqua, sia opera della Maga che illumina la cavità per sigillare il suo patto d'amore con l'eroe greco.
Lungo questo tratto costiero Ulisse venne fatto prigioniero nel viaggio di ritorno verso Itaca: "E arrivammo all'isola Eea: vi abitava Circe dai riccioli belli, dea tremenda dalla voce umana" si legge nel decimo canto dell'Odissea.
Dal porto, in dieci minuti di taxi o navetta, si arriva su alle Forna. Lasciata la paga al mio autista di taxi-apetta nero di sole, ecco che ad accogliermi c’è Elsa, la mia oste, lì sull’uscio in ciabatte da mare e grembiule da cucina, con le mani ossute che stringono un vassoio di benvenuto carico di frutta.
Prima di entrare in casa, respiro avidamente i profumi della flora mediterranea.
Ponza è questo, un gioiello piccolo immerso nella flora mediterranea di agavi, Fichi d'India e ginestre e che si erge su un intricato via vai di vicoli e stradine in pendenza che sono tutte un saliscendi tra il belvedere e il porto. Le case del centro sono tinte di colori pastello e si snodano una dopo l'altra a contornare la strada principale, via Pisacane, dove si trovano i principali locali e ristoranti nonché piccoli negozi: ogni stradina vi condurrà in un negozio segreto, piccolo magari, ma ricco di tesori. La sera si scende al porto per lo “struscio”. E la mattina dopo, con gli occhi ancora incrostati di sonno, ci si trascina fino alla banchina, si carica tutto in barca e si va in gita a Palmarola.
Al porticciolo Le barche della Cooperativa Barcaioli Ponzesi partono dal molo Musco e propongono diversi itinerari: Ponza, Palmarola, Zannone, Grotta di Pilato e Faraglione.
Io ho optato per Palmarola. Il tour comincia costeggiando il versante sud di Ponza, con visita alle grotte di Pilato e alla spiaggia di Chiaia di Luna (chiusa per caduta massi). Stop di un’oretta alla spiaggia in ciottoli del Francese. Questo luogo incantevole è sormontato da una parete rocciosa di tufo dentro la quale sono scavate le case-grotta dei primi coloni inviati a coltivare la terra.
Il tour prosegue visitando diverse calette con numerose soste bagno: le più belle sono sicuramente cala Feola, con le sue piscine naturali, cala Felci, l’Arco naturale e cala Inferno. Per vivere la gita in barca consiglio di affittare barche non troppo turistiche ma di parlare con i locali e affidarsi alle cure di un vero lupo di mare. I pescatori sono la scelta migliore, perché conoscono l’isola come le loro tasche e sanno come stupire; il nostro capitano e il suo secondo hanno pescato e preparato il nostro pranzo regalandoci un’esperienza gastronomica unica.
Due giorni, poche cose e la voglia di lasciarsi ammaliare da tanta bellezza.
“Un’isola che ha saputo rimanere un’isola.
Un microcosmo a sé.
Ponza è scontrosa e bellissima.
Ritrosa, diffidente e mai prevedibile.
Tra fichi d’India, bouganville e esplosioni di ginestre,
mi perdo nella bellezza dei suoi tramonti
e trovo sulla terra il mio paradiso”
Eugenio Montale