Oggi Stay. è Picasso che racconta come la prostituzione è simbolo di emancipazione femminile
di Paola Sireci
“Salve, volevo comunicarvi che al terzo piano, interno 7, c’è un via vai di uomini. Non va bene questo giro per noi condomini, chiedo cortesemente all’amministratore di fare una riunione condominiale per sistemare questa situazione”. Scrive così uno degli inquilini che vive in un condominio del quartiere San Giovanni di Roma, in merito a un presunto giro di prostituzione all’interno del palazzo denunciato ai condomini la settimana scorsa attraverso questa lettera anonima imbucata nella cassetta della posta. Infatti l’avviso continua cosi
“ Questo è il loro numero ( e inserisce le cifre), basta scriverlo su google e fare una ricerca e vedrete che c’è un giro di prostituzione e massaggi erotici nel nostro palazzo. Sono in tre, 2 donne e un uomo, e fanno tanto rumore”.
Effettivamente, digitando su Google il numero di telefono inserito nella lettera, il motore di ricerca rimanda a diversi siti erotici in cui vengono sponsorizzati e venduti massaggi sessuali, passionali, indimenticabili e lussuriosi, con foto annesse di due donne in mise succinta e un uomo a completamento del trio. La reazione dei condomini potrebbe essere comprensibile, considerando che oggi le prestazioni sessuali in cambio di denaro, e in particolare la sessualità, causano scandalo nelle coscienze delle persone più sensibili, a conferma di una società radicata in quella tradizione – cattolica – che vede l’erotismo come alta forma di volgarità e lontano dall’elevamento dell’essere umano, non considerando che proprio la Bibbia, testo sacro per antonomasia contiene forse il primo libro erotico della storia: il Cantico dei Cantici. Uno dei libri contenuti nelle Sacre Scritture in cui si parla di sesso, di carnalità allo stato puro e crudo.
Tuttavia, l’indignazione per la prostituzione è del tutto lecita se si prende in esame la componente relativa allo sfruttamento e al favoreggiamento della stessa, reati perseguibili e introdotti nella Legge Merlin del 1958 in materia di abolizione non della prostituzione in sè, bensì della sua regolamentazione, attraverso la chiusura delle case di tolleranza, meglio conosciute come case chiuse. Secondo la legge, quindi, non è considerata illegale la prostituzione vista come la vendita del corpo di una donna sotto pagamento per la prestazione offerta, ma tutte le circostanze esterne e non dipendenti dalla donna in questione che la portano a esercitare questa professione. Non è considerato parte dello sfruttamento il cliente, in quanto la persona (in questo caso la donna) ha il diritto di esercitare il pieno controllo e la piena libertà sul proprio corpo, e in questo la normativa è chiara. Piuttosto è complice di reato la persona che trae profitto dalla prestazione offerta al cliente e che, quindi, rende il “lavoro” o hobby, sfruttamento e schiavitù.
Nonostante la normativa in vigore sulla prostituzione chiarifichi e fa una netta distinzione tra ciò che è illecito e ciò che non lo è, quale potrebbe essere il motivo per cui uomini e donne si indignano di fronte al pagamento di prestazioni sessuali in cambio di denaro? La vera domanda è “perché è sbagliato usare il proprio corpo come fonte di profitto? A pensarci bene sono tante le professioni nelle quali il corpo è il protagonista pecuniario attraverso il quale uomini e donne traggono profitto: basti pensare al lavoro del modello/a, alle hostess dei convegni, alle ballerine oppure alla recente scoperta di Only Fans, la piattaforma in cui è possibile monetizzare i propri contenuti intimi e sessuali, oggi molto conosciuta e oggetto anche di ironia ma su cui nessuno esprime il dissenso legato alla prostituzione.
Quando è stata regolamenta, infatti, attiviste del movimento femminista, in particolare Anna Maria Mozzoni, considerata pioniera del processo di emancipazione femminile, si è battuta fermamente nella definizione di questa professione come schiavitù. Con la regolamentazione della prostituzione, secondo la Mozzoni, è stata abbattuta la dignità femminile, paradossalmente preservata fino alla Legge Merlin che, al contrario, contrasta l’emancipazione femminile, togliendo valore alla sua dignità e al suo pudore. Molte donne, infatti, hanno scelto questa professione per contrastare la condizione di subordinazione e sperequazione cui erano vittime nei lavori tradizionali in cui era forte la disparità tra uomo e donna e veniva meno il concetto di parità di diritti. La prostituzione è diventata progressivamente paladina di quell’uguaglianza avviando quel processo di emancipazione femminile esploso nel 1968 ma che ha assistito a un arresto dieci anni prima con l’introduzione della Legge Merlin. Di conseguenza, la Mozzoni sosteneva che migliori condizioni lavorative a favore della donna avrebbero contribuito a una diminuzione della prostituzione, evitando la sua accezione negativa che ancora oggi conosciamo e usiamo nel linguaggio comune. Secondo la Mozzoni, la regolamentazione era considerata un’indegna schiavitù in quanto le giovani prostitute erano definite alla stregua di schiave e, con essa, il suo monitoraggio passava in mano alla polizia di Stato che, nel tentativo di assicurare sicurezza e decoro pubblico, diventata protagonista di quell’abuso di potere cui ancora oggi assistiamo.
Tuttavia la prostituzione può avere molte facce, dalle donne che scelgono di esercitare questa professione arbitrariamente, ad altre vittime della tratta di prostituzione extracomunitaria, alle escort che si concedono solo a un certo tipo di clientela fino ad altri tipi di declinazione di prostituzione, oggi prodotto di un’evoluzione della società come Only Fans, oppure pagare per prestazioni sessuali come forma di trasgressione sessuale fino a farlo per soddisfare qualche piccolo capriccio, come nel caso delle baby squillo.
Quanto è giusto pensare alla prostituzione come al solo scambio di prestazione sessuale e soldi per necessità o schiavitù, escludendo quindi una scelta arbitraria che porta a trarre profitto in modo più semplice e veloce? E perché questo genera oggi un’inquisizione che mette contro il muro le prostitute considerandole donne senza una dignità e senza valore? Se fosse abolita la regolamentazione assisteremmo a una svolta sociale che probabilmente accrescerebbe il numero di prostitute in quanto dipendenti, lavoratrici, creando posti vacanti nei lavori “tradizionali” in cui non sempre esiste meritocrazia, uguaglianza ma, soprattutto, passione.
Perché quest’opera?
Si dice che sia il lavoro più vecchio del mondo. Ed effettivamente è così tanto che molti artisti, da Toulouse Lautrec a Picasso, a Rembrand fino a Dégas, hanno rappresentato scene di vita quotidiana delle prostitute. La dissolutezza, il piacere, la noia, la depressione e l’orgoglio sono protagonisti di queste opere d’arte che hanno segnato la storia dell’arte. Les Demoiselles D’Avignon, che in origine s’intitolava “Le Bordel D’Avignon”, rappresenta a pieno una normalità presente in quel tempo e in tutti i temi, un’opera che ha creato scandalo non per il tema e neppure per la sua forma, bensì per una realtà presente ed esistente che gli artisti, in questo caso Picasso, voleva rendere nota. Una tela che rappresenta l’apertura di cinque donne allo spettatore e non la vergogna che la società le spinge a provare per un lavoro costretto o voluto.
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