Oggi Stay. è Paolo Veronese, che racconta come il trash sta salvando la televisione (Sanremo edition)
di Paola Sireci
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Era il 1978 quando, tra le righe del testo “Gianna” di Rino Gaetano, compare la parola “sesso”: gesto che sdogana il tabù della sessualità all’interno della canzone italiana, sul palco della competizione nazionale più celebre di tutti i tempi, immortale e resistente persino alla pandemia: il Festival di Sanremo. Tra abiti sfavillanti e provocatori, ospiti eclettici, vallette discutibili e fuori onda divertenti, Sanremo si configura come la gara all’edizione più discussa, piuttosto che la competizione della canzone italiana. Fin dal suo esordio nel 1951 eventi memorabili hanno segnato la storia non solo del Festival, ma della televisione in generale, regalando frammenti di intrattenimento ancora oggi celebri, divertenti e spunti di riflessione.
Indelebile, nel 1989, il pezzo sovversivo – al limite del trash- di Marisa Laurito con il suo brano Il babà è una cosa seria, portato sul palco con uno stile eccentrico e vaporoso, una vera ode ai prodigi della cucina napoletana. Nel 1992 e 1995 Pippo Baudo, il re del Festival di Sanremo con ben tredici edizioni condotte sul curriculum, diventa eroe nazionale dopo aver sventato il suicidio di Giuseppe Pagano dal bordo della galleria – che anni dopo confessò di aver inscenato il gesto con la collaborazione della Rai - e dopo aver fermato l’incursione di “cavallo pazzo” (Mario Appignani) sul palco dell’Ariston, il quale annunciava il televoto truccato e la vittoria – smentita – di Fausto Leali. Emblematica la farfallina di Belén Rodriguez, invidiata dalle donne di tutta Italia, la rivolta dell’orchestra contro la squalifica di Malika Ayane e il bacio tra Ornella Vanoni e Patty Pravo, due pilastri della canzone italiana che hanno rappresentato, e continuano a farlo, il cambiamento della società moderna nel panorama musicale con completa disinvoltura. Ultimo episodio, ma non definitivo, la diatriba in diretta tra Morgan e Bugo nel 2020 che gli è costata la squalifica. La verità è che Sanremo ha sempre trovato e trova il modo per far parlare di sé, bloccando i palinsesti nazionali e restando sul palcoscenico della televisione, frutto anche della sua storia che vede nelle origini un tentativo – ben riuscito – di riunire le famiglie e le masse e, per quanto sia Il programma televisivo più datato dalla nascita della televisione italiana, oggi vede ancora il suo massimo splendore e la viva e attiva partecipazione del pubblico.
Ma perché viviamo questo fervore, questa adrenalina nell’attesa del Festival stesso? Fino a qualche anno fa, prima della nascita di Tiktok e, ancor prima, di Instagram, Internet e televisione facevano parte di due mondi paralleli ma non convergenti: piccolo e grande schermo non condividevano nulla se non l’amore per il digitale ma i contenuti e i fruitori erano ben diversi e differenziati per età e, soprattutto, per la tipologia di intrattenimento scelto. Con l’avvento dei social network i due mondi hanno cominciato a comunicare per poi, progressivamente, fondersi quasi a diventare l’uno dipendente dell’altro: i programmi televisivi sono diventati canali attraverso i quali i social hanno potuto ampliare e ridefinire il concetto di intrattenimento, assumendo un aggettivo significativo e oggi usato comunemente dalla massa: trash. La Treccani definisce trash
un prodotto (libro, film, spettacolo televisivo e sim.) caratterizzato da cattivo gusto, volgarità, temi e soggetti scelti volutamente e con compiacimento per attirare il pubblico con quanto è scadente, di bassa lega, di infimo livello culturale.
Si può considerare letteralmente, dalla traduzione inglese, la spazzatura. Quella stessa spazzatura che, più fa puzza, più ci piace. I social si servono, appunto, di essa per creare maggiore intrattenimento e la televisione, mutatis mutandis, si serve dei social per creare contenuti sempre più di bassa qualità, ridicoli, talvolta al limite del patetico che, siamo sicuri, ottengono consenso e audience da parte del pubblico più di quanto possa fare un programma storico come Sanremo con la sola pubblicità televisiva. Ed è proprio il Festival della canzone italiana, come tutti i programmi di intrattenimento trasmessi dalla televisione, a servirsi dei social per aumentare l’audience. E ci è riuscito. Ha sempre fatto parlare di sé non solo positivamente ma con gli ospiti discutibili che hanno varcato le porte dell’Ariston, con la scelta di vallette “non all’altezza” di quel palcoscenico, con i monologhi, le canzoni in gara, l’audacia di scelte stilistiche e di temi affrontati nelle corso delle serate, la maggior parte delle volte – come in tutti i programmi televisivi – pretesti per parlare della società moderna. Tra i monologhi che hanno segnato la storia di Sanremo, il discorso politicamente impegnato di Beppe Grillo nel 1989, l’elogio all’amore di Roberto Benigni nel 2002, il discorso contro la violenza sulle donne di Luciana Litizzetto, il monologo emozionante di Pierfrancesco Favino, il recente controverso discorso sullo scorrere degli anni e la conservazione preziosa di quei difetti che ci rendono unici, pronunciato dalla Barbie di Sanremo Diletta Leotta. E anche questa ultima edizione, di cui si sente già il fermento nell’aria sui social, lascia presagire il carattere sovversivo, provocatorio, propagandistico attraverso la scelta di ospiti discussi: pioniera fra tutte Chiara Ferragni, stimata e allo stesso tempo invidiata per il successo che la contraddistingue da tutte le sue colleghe nel mondo dell’imprenditoria digitale. Un personaggio di cui inevitabilmente si parla a livello internazionale per le scelte professionali, pubblicitarie e per la sua vita privata. L’ospitata del Presidente ucraino Zelensky, simbolo di un’evidente e specifica presa di posizione politica a sfavore della Russia, assume valore di propaganda che colloca non solo il palinsesto, ma l’intera Nazione, verso una concezione di spettacolarizzazione e normalizzazione della guerra come argomento su cui si può discutere attraverso un collegamento satellitare dalla poltrona di casa. Ma, come in tutti i programmi, non può certo mancare lo scoglio più grande che anima i nostri schermi: la questione LGBT che, se inizialmente , ha varcato le porte del grande schermo televisivo con lo scopo di normalizzare, adesso si sta trasformando da lotta per i diritti, a puro intrattenimento. La presenza del rapper Rosa Chemical e la conseguente e recente protesta a sfavore della sua partecipazione al Festival da parte della deputata FdI Maddalena Morgante che lo considera “l’appuntamento più gender fluid” di sempre, è una scelta senza dubbio studiata per creare clamore, consenso, dibattito e scontro. In sintesi, il Festival di Sanremo e la televisione in generale, sono diventati palcoscenico dei problemi dalla società moderna, un modo per dibattere sulle ingiustizie, le diatribe, le discriminazioni, in chiave leggera, a tratti comica, attraverso meme e video virali che rimbalzano da una piattaforma all’altra e da uno schermo all’altro. E le questioni sociali diventano intrattenimento, poi fenomeni di costume, eliminando il valore che contraddistingue un argomento dall’altro e rendendolo di libero accesso a chiunque attraverso la beffa e la leggerezza. Ma ci piace.
Allo stesso modo in cui ci piace la famosa tela di Paolo Veronese “Le nozze di Cana”, che con colori accesi e una tecnica pulita riesce a tenere lo spettatore con gli occhi fissi sull’opera, malgrado l’evidente caos che la anima. Una scena biblica, come le nozze di Cana, appunto, ambientata in un contesto mondano aristocratico del Cinquecento, che fonde sacro e profano attraverso scelte insolite e anacronistiche. L’estetica, l’apparenza e il contenuto, il simbolismo ci attirano, creano un evidente contrasto provocatorio che piace al fruitore, per la stessa ragione per cui siamo affascinati dal trash e dalle controversie dei programmi televisivi che, attraverso un’apparente bellezza creano intrattenimento di contenuti talvolta al limite del patetico, decorando i nostri feed di Instagram con video e meme che ne esaltano l’aspetto comico e, inconsapevolmente, irrisorio. E a noi quel trash tanto leggero e catartico quanto triste piace e lo aspettiamo con ansia e fermento. Ci vediamo, dunque, fra due giorni su Trash italiano riconoscendoci tra i like.