Caro lettore,
Questo mese Stay. spegne la sua seconda candelina e, per celebrare il suo compleanno, si trasformerà: se vuoi rimanere aggiornato iscriviti gratuitamente per seguirci passo passo in questo momento di transizione e per leggere i nostri articoli!
Grazie per esserti abbonato, per averci - anche solo - letto, per averci condiviso e per aver creduto in noi fino a ora! Per noi il supporto di ogni singolo lettore, sia quelli fidelizzati, sia quelli di passaggio, è importante. La redazione.
Elodie testimonial di L’Oréal, giornalisti che rivolgono domande sugli outfit a Mahmood invece che sulla musica, cantanti sul palco che sfidano le regole del Fantasanremo per far ottenere o perdere punti ai partecipanti, influencer ospiti di brand di cosmesi e abbigliamento sedute nelle prime file dell’Ariston (persino gli artisti in gara stessi sfoggiano look eclettici come se fossero a un evento della Fashion week) e, dulcis in fundo, strumentalizzare messaggi sociali e politici per fini commerciali. Basti pensare al discorso sul femminicidio per pubblicizzare l’ultima stagione di Mare Fuori oppure affrontare il tema “distacco genitori-figli” per pubblicizzare Esselunga o ancor più aberrante, strumentalizzare messaggi di pace da parte degli artisti in gara, per ottenere punti nel Fantasanremo. Persino l’apparente imbarazzante ballo del qua qua di John Travolta nascondeva, al contrario, intenzioni commerciali e pubblicitarie che lo hanno messo in ridicolo (o in mostra?).
Il potere dell’adv
Il caso Balocco-Ferragni, esploso poco prima di Natale risalente, però, al 2024, dimostra perfettamente quanto, persino il gesto più altruista come la beneficenza, se nascosto dietro strategie di marketing, possa diventare emblema dello schiavismo dalle e delle pubblicità, oggi meglio note come adv (dall’inglese, advertising). La potenza delle adv deriva infatti dalla capacità di comunicare tra il prodotto e il consumatore attraverso delle strategie che stimolano quest’ultimo, entrando in una relazione dipendente, quasi morbosa innescando la necessità della costruzione e della gestione di un solido patto comunicativo affinché la qualità del bene o del servizio sia funzione della buona relazione tra produttore e consumatore. La marca, quindi, diviene uno degli elementi fondanti del marketing mix, ovvero qualcosa che incrementa il valore del prodotto simbolicamente e, dunque, economicamente. Il semiologo Gianfranco Marrone, infatti nel testo “Il discorso di marca” – modelli semiotici per il branding, affronta ampiamente il discorso relativo alla marca, appunto, sottolineando il suo valore economico, passando per la comunicazione e, ovviamente, per il consumatore. L’ultimo spot dell’Esselunga, prodotto e mandato in onda in occasione del Festival di Sanremo e quello risalente a qualche mese fa con protagonista la famosa pesca della discordia tra genitori separati, sposano perfettamente la tesi sostenuta da Marrone secondo cui i brand più famosi rispettano un carattere narrativo volto alla costruzione della propria identità: performance, competenza, sanzione e manipolazione è lo schema canonico attuato da qualsiasi marca nella costruzione della propria identità.
Influencer vs testimonial
Ma rispetto a un discorso di marca risalente ai primi anni del XXI° secolo, oggi, i brand si servono di un elemento in più che prima non c’era: l’influencer. Sebbene abbia un ruolo affine a quello del testimonial ( basti pensare a Megan Gale quando era testimonial della Omnitel o Bonolis e Luca Laurentis per Lavazza), l’influencer non è solo simbolo di un brand e ne diventa, quindi, l’immagine, ma rappresenta inoltre lo strumento attraverso il quale entra in gioco una delle fasi dello schema canonico pubblicitario di Marrone, ovvero la manipolazione, definita come il momento in cui “qualcuno insinua nel consumatore le ragioni del proprio atto di acquisto”, che coincide con la stipulazione del contratto, inteso come “un accordo fiduciario implicito tale per cui il soggetto, per aderire ai valori del destinante, per volere di quei valori, per farli propri, deve in primo luogo credergli, avere fiducia in quel che tale destinante, dice e gli promette”. All’influencer non appartiene il ruolo iconico di un brand dal momento che, altri come lei/lui, sono pagati per rappresentarlo, bensì hanno la responsabilità di influenzare – appunto, manipolare – il consumatore pervadendo con invadenza la quotidianità e tutte le sfere della vita del consumatore: banner pubblicitari, social e persino l’intrattenimento, come nel caso di Sanremo.
Sanremo, Festival dell’#adv
Il Festival, in questo senso, non rappresenta dunque la canzone italiana ma diventa l’ennesimo palcoscenico attraverso il quale le aziende possono vendere i loro prodotti e portare avanti lo schema narrativo descritto da Marrone, declinato alla dinamica dei social e possono strumentalizzare e manipolare determinati messaggi per fini propri commerciali. Il consumatore, nell’assistere a questo scenario, non è portato automaticamente a consumare nell’immediato quel prodotto sponsorizzato (i prodotti di VeraLab che ha allestito un lunapark pre show, le carote di Essenluna o le scarpe di John Travolta) ma è indotto inconsapevolmente ad assorbire quei meccanisti manipolatori mirati a instaurare quel rapporto di fiducia a lungo termine, considerandoli normali.
Qual è il vero lavoro dei cantanti?
La sovraesposizione trasversale dei brand sta portando gli utenti, futuri consumatori, a ragionare in un’ottica di vendita/acquisto secondo cui qualsiasi cosa deve essere venduta e acquistata e, ancor di più, lo sta educando a vivere la socialità pensando al profitto e, nel particolare di Sanremo, gli artisti sono chiamati non solo a svolgere il loro mestiere di cantanti ma vengono investiti della responsabilità di dover integrare alla loro professione quella di testimonial e influencer perché, dove c’è fama, c’è fame. Fame di soldi.
Perché quest’opera
L’uomo come misura di tutte le cose. E’ il principio secondo cui questo disegno di Leonardo Da Vinci fu scelto dall’allora Ministro dell’Economia Carlo Azeglio Ciampi come simbolo posto sul retro delle monete da un euro. L’euro, la moneta per eccellenza che rappresenta il guadagno, lo spiccio perfetto che si dà per l’elemosina, per vendere prodotti a un prezzo vantaggioso. L’euro è letteralmente il simbolo del guadagno, e l’uomo vitruviano è l’icona del consumismo, il Dio che, inevitabilmente, si venera per osmosi a una società consumistica perché, come il semiologo Marrone afferma, “la marca oggi sta al posto di Dio”.
Stay. esiste anche grazie ai nostri sostenitori e di questo siamo grate!
Nel caso tu non possa sostenerci economicamente, condividi questa newsletter con chi è appassionato di arte o a chi pensi possa piacere; è già un grandissimo supporto per noi. Grazie <3