Oggi Stay. è Fernando Botero: Da Abu Ghraib a Santa Maria Capua in Vetere, dove le carceri diventano inferno.
di Paola Sireci
Un ciclo di opere atipico, al limite tra il surreale e grottesco, frutto di uno stile goliardico e buffo antitetico alle scene cruente cariche di intensità emotiva e fisica. Con la sua cifra inconfondibile, unita alla sensibilità penetrante delle sue rappresentazioni, Fernando Botero è riuscito a rappresentare una delle pagine più tragiche della storia contemporanea: lo scandalo di Abu Ghraib, tradotto con oltre cinquanta tele volte a sottolineare l’indignazione della tortura nelle carceri ma, soprattutto, mettere in luce l’abuso di potere accentuato e, nella maggior parte dei casi, legittimato in una condizione di insurrezione e dittatura. Pensate e dipinte tra il 2004 e il 2005 le 54 opere di Botero, infatti, riproducono le vessazioni, umiliazioni e violenze cui sono stati vittime i carcerati della prigione di Abu Ghraib, a pochi chilometri da Baghdad, da parte dei soldi americani dopo l’occupazione degli Stati Uniti in Iraq nel 2003. La prigione, nota durante il regime di Saddam Hussein come luogo di esecuzioni di massa in cui erano detenuti criminali e dissidenti politici, era stata chiusa nel 2003 dopo il rovesciamento del regime, per poi essere nuovamente occupata da parte del governo provvisorio iracheno e dei soldati americani, che detenevano “personalità interessanti”. Solo un anno dopo, il 28 aprile del 2004, la televisione americana CBS diffuse alcune fotografie compromettenti per la presidenza di George W. Bush e per il governo americano in generale in cui soldati americani ricoprenti varie cariche, umiliavano e torturavano i detenuti goliardicamente scattando delle foto per documentare quei loro divertimenti. L’artista colombiano si ispirò a queste fotografie e a questo fatto storico per creare il suo ciclo di opere omonimo al nome della prigione irachena.
“È diventata come un’ossessione. Per 14 mesi ho lavorato solo su questo, pensando a questo. Alla fine mi sono sentito vuoto. Non avevo più niente da dire. Per qualche ragione ero in pace con me stesso”.
Botero lancia un’accusa rielaborata dalla sua mente con l’obiettivo di non dimenticare quanto accaduto in Iraq, proprio come Picasso fece con la Guernica.
Se oggi potessimo fotografare la reale situazione delle carceri sparse nel mondo, potremmo documentare la stessa violenza fisica e psicologica? O sarebbe meno cruenta? Dal rapporto “La calda estate delle carceri” condotto dall’Associazione Antigone, tra il 2021 e il 2022, in 85 istituti visitati dei 190 presenti in Italia, il 31% dei detenuti non riesce a calpestare i tre metri quadrati di suolo all’interno delle celle, elemento che si aggiunge alla mancanza di docce nel 58% di esse e alle schermature sulle finestre che impediscono il passaggio dell’aria. L’elemento del sovraffollamento acuisce i suoi effetti in estate malgrado sia inconcepibile durante tutto l’anno considerando il fatto che sono 54.841 le persone detenute negli istituti di pena, a fronte di una capienza massima di 50.900 posti. Con questi dati l’Italia, dunque, si posizione al secondo posto su scala europea per la condizione peggiore di sovraffollamento all’interno delle carceri mentre al primo posto per detenzione in materia di stupefacenti. Questa condizione di disumanità all’interno delle carceri spoglia uomini e donne della loro dignità, scatenando conseguenze impattanti nella loro vita: malattie mentali o, nel peggiore dei casi, suicidi. I disturbi psichici rappresentano oltre metà della popolazione detenuta contro la mancanza sempre più netta di professionisti utili a trattare i malesseri, fattore che converge nella somministrazione di psicofarmaci anche per disturbi mentali non accertati e certificati. Un argomento ancora tabu all’interno della società, che meriterebbe maggior approfondimento, è la tortura all’interno delle carceri, non riconosciuta o ritenuta assente da parte delle guardie penitenziarie.
Secondo il rapporto del 2021 di Antigone “la tortura in carcere in Italia”, il 15 gennaio 2021 - per la prima volta - un tribunale italiano ha condannato un funzionario pubblico accusato di tortura all’interno del carcere di Ferrara, cui è seguita la condanna nella prigione di San Giminiano, Torino, Palermo, Milano, Melfi, Santa Maria Capua Vetere. Tanti i casi di violenza e tortura consumati silenziosamente nelle quattro mura delle carceri che portano i detenuti a vivere nell’umiliazione, nell’annichilimento, nella frustrazione e nella rassegnazione di non poter fare nulla per contrastare quella forma di abuso di potere. Alessandro Milan, nel suo libro “Un giorno lo dirò al mondo” racconta questa situazione dal punto di vista di Rocco Barnabei, accusato di aver abusato e ucciso la sua fidanzata ancora minorenne. Correva il 2003 e in Virginia era vigente la pena di morte: per i condannati a morte i mesi antecedenti all’esecuzione non rappresentavano semplice reclusione ma attesa della morte stessa, esperita già nelle celle attraverso le violenze e torture subite da parte delle guardie penitenziarie.
Se Botero facesse un giro nelle carceri italiane del 2022 cosa dipingerebbe? Quanto farebbe risonanza la sua arte e quanto essa collaborerebbe per descrivere e denunciare l’attualità carceraria? La sua, come quella di tanti altri artisti come Vincent Van Gogh, Pablo Picasso, Steve McCurry, è una storia e una professione coraggiosa in cui la bellezza artistica non si definisce solo nelle forme, nei colori e nella loro armonia, ma anche nella sinergia tra forma e contenuto, un prodotto finale che risuona nella mente e nella coscienza di chi guarda le loro opere, nella speranza di arricchire, sensibilizzare e imprimere nella memoria. In questo l’arte è socialmente coinvolta nella realtà che la circonda, mostrando con gli occhi là dove la bocca tace. In questo Fernando Botero è stato maestro.
Noi di Stay. crediamo fortemente nella sinergia arte-attualità, certe e consapevoli della loro reciproca influenza e definizione. Abbiamo, quindi, cambiato format per dare maggior importanza a questo concetto: ogni due settimane, la domenica, uscirà l’editoriale che, a partire da un’opera conosciuta, analizzerà e descriverà il tema. Nei giorni seguenti, invece, noi redattrici di Stay. scriveremo e vi terremo compagnia con le nostre rubriche su argomenti specifici, col fine ultimo di informare, intrattenere e appassionare. Stay. non è solo informazione ma un luogo di scambio e di crescita.