Oggi Stay. è Eugéne Delacroix, che racconta il Medio Oriente nel 2022 durante i Mondiali di calcio
di Paola Sireci
Zidane che dà una testata a Materazzi, Diego Armando Maradona che solleva la coppa del mondo trionfante con la sua squadra a seguito della vittoria conseguita grazie alla “Mano de Dios”, le progressioni inarrestabili di Cristiano Ronaldo, la Notte di Siviglia che vide lo scontro tra il portiere tedesco Schumacher e il difensore francese Battiston. Sono solo alcuni degli episodi impressi nella storia dello sport e, più in particolare, dei campionati mondiali di calcio, immagini che ne definiscono lo svolgimento e che determinano un impatto a livello storico, politico e sociale. Già, perché lo sport, apparentemente legato all’intrattenimento, gioca un ruolo fondamentale nella definizione delle relazioni tra le diverse Nazioni, affermando la loro supremazia dal punto di vista politico. Basta pensare a come l’affermazione di sport moderni, che oggigiorno partecipano alle competizioni mondiali e la loro diffusione internazionale, siano nati in determinati Stati, rafforzandone la loro importanza a livello mondiale. Ad esempio il rugby, il cricket, il football e alcune discipline dell'atletica leggera che furono poi esportate nei domini britannici in Africa, Asia, Caraibi, America del Nord, Australia, Nuova Zelanda da funzionari delle amministrazioni, missionari cristiani, personale militare e coloni. In maniera diversa, il gioco del calcio si diffuse in Europa e America Latina soprattutto grazie ai contatti culturali e commerciali inglesi. Molti sociologi, seguendo le norme indicate da Emile Durkheim, analizzano l’aspetto ritualistico dello sport attraverso una simbologia canonica volta a evidenziare l’identità sociale, culturale e politica di una Nazione: esempio chiaro i colori delle divise in cui sono avvolti i giocatori delle nazionali o le bandiere issate nei balconi dei tifosi, nelle curve degli stadi o i cori solenni degli inni nazionali.
Se dovessimo pensare a un’immagine dei mondiali in Qatar che si stanno svolgendo in questi giorni, quale sceglieremmo? Il campionato mondiale di FIFA 2022 che si sta svolgendo in questi giorni può essere considerata una delle occasioni in cui questo aspetto identitario si sta facendo sentire non solo attraverso i cori negli stadi o le urla davanti al televisore che risuonano dalle finestre degli appartamenti o dalle sale dei pub, ma con immagini forti e di impatto che ci stanno regalando – finalmente- una vetrina sul mondo mediorientale, o meglio ancora, sulla storia dei Paesi arabi e sulle dinamiche geopolitiche che li interessano da oltre un secolo. Il ciclo di opere di Eugéne Delacroix seguito al viaggio fatto in terre esotiche nel 1831, è espressione di quelle tensioni che vedono protagonisti i Paesi arabi da secoli, di cui “Donne di Algeri” ne è simbolo. La nazionale iraniana muta durante l’inno pre- partita giocata contro l’Inghilterra per sostenere i manifestanti in protesta verso le misure adottate dai governanti clericali, le proteste fuori e dentro gli stadi a favore di un Paese più libero e le conseguenti repressioni da parte forze armate iraniane e della sicurezza, o l'emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, e il sovrano de facto dell'Arabia Saudita, il principe ereditario Mohammed bin Salman che hanno avvolto attorno a sé sciarpe e bandiere del paese avversario mentre guardavano giocare le loro squadre, sono tra le scene più significative di questa competizione mondiale. La tensione tra Arabia Saudita e Qatar, infatti, ha lunga durata e si è sciolta solo l’anno scorso quando i sauditi, insieme agli alleati Emirati Arabi, Bahrein ed Egitto, hanno revocato l’embargo in favore del Qatar accusato di finanziare gruppi islamisti come Hamas, membri della Fratellanza Musulmana e talebani afghani, di fomentare l’instabilità nel Paese, di applicare politiche anticonformiste regionali, di avere sostenuto schieramenti alternativi a quelli dei suoi vicini nella primavera araba e di mantenere rapporti “troppi cordiali” con Turchia e Iran, grandi rivali di Riyadh nel controllo del Medio Oriente.
In effetti la scelta del Qatar per la Coppa del Mondo è stata perseguitata da non poche critiche per i motivi appena citati, in aggiunta al fatto che essa sia la più costosa nella storia dello sport, con agli atti 220 miliardi di dollari investiti, quasi venti volte quelli spesi dalla Russia per i Mondiali del 2018. Nonostante le numerose critiche sul Qatar come prima Nazione del Medio Oriente scelta per ospitare una Coppa del Mondo, per quale motivo è stata annunciata come monarchia assoluta del Golfo per tale ruolo ma, soprattutto, per tale responsabilità? Sicuramente questa occasione potrebbe significare per l’emiro un grande successo sulla scena globale, al seguito delle tensioni interne, attenuate dai rapporti instaurati con l’Occidente nella fornitura di gas, escamotage per rinnovare Doha in previsione della Coppa del Mondo 2022. La natura di intrattenimento e di comunione, quale dovrebbe essere lo sport, è, tuttavia, investita da un forte riversamento politico che fa aprire gli occhi e, onestamente mi fa piacere, sul mondo orientale, non studiato sui libri di storia e poco dibattuto sulle televisioni e testate nazionali. Le dinamiche geopolitiche che colpiscono da oltre un secolo i Paesi Arabi stanno definendo i confini, le alleanze, gli accordi economici e politici con l’Occidente e la Coppa del Mondo, sebbene sia un contesto insolito su cui riversare le tensioni politiche, è l’occasione per portare al mondo quella fetta di storia, di attualità verso cui non mostriamo interesse come conseguenza a un’istruzione occidentale e occidentalizzata. Lo sport, in questo senso, diventa una guerra combattuta a suon di cori e ammonizioni in cui i protagonisti attivi sono i governanti avvolti dalle loro bandiere, espressione di un nazionalismo che non lascia trapelare tolleranza, contrariamente al motto “lo sport unisce i popoli”.
In questa Coppa del Mondo 2022 lo sport sta diventando – e già lo è – un vero e proprio palcoscenico del e per il Medio Oriente, espressione di quelle tensioni così presenti da secoli, mediate e soppresse dal mondo Occidentale, troppo focalizzato sui conflitti che incidono direttamente sull’Europa. Ma non è dovere e diritto di tutti sapere che l’Iran sta combattendo da anni una lotta per essere un Paese libero da quel governo clericale teocratico istituito nel 1979 e che negli ultimi mesi sta implodendo in repressioni mortali verso i manifestanti? Mahsa Amini uccisa a soli 22 anni dopo l’arresto da parte della polizia religiosa perché non indossava correttamente l’hijab è solo uno dei tanti episodi. Solo il 26 novembre 450 manifestanti sono stati uccisi e 18.000 sono stati gli arresti, azioni che stanno costando all’Iran sanzioni amministrative da parte degli Stati Uniti, sua celeberrima nemica. “La morte di Sandarpalo” di Eugéne Delacroix credo che esprima a pieno la situazione attuale in Medio Oriente: Iran, Iraq, Istraele, Palestina, Yemen sono tutte Nazioni in cui i governanti guardano dall’alto i massacri, i genocidi, senza muovere un dito, proprio come nella tela il re assiro Sandarpalo osserva impenetrabile le morti crudeli che si stanno consumando davanti ai suoi occhi. La scena cruda viene mitigata e resa quasi piacevole dalla sensualità che contraddistingue lo stile dell’artista che ha voluto far trapelare, attraverso le sue opere, la bellezza esotica con colori e forme suadenti, regalandoci uno sguardo sensuale, dolce, ma deciso del Medio Oriente. Tuttavia, contrariamente a quanto racconta la leggenda greca secondo cui il sovrano per non consegnarsi ai rivoltosi si suicida, gli attuali re, presidenti ed emiri di nascondono nei loro palazzi dietro una retorica sconfortante e mandano le forze armate a uccidere i manifestanti che protestano per maggiori diritti e per la libertà. Ma queste sono pagine di storia raccontate indirettamente.
Insomma, se è vero che il calcio unisce le nazioni e che gli arabi sono un’unica nazione, come affermato da un tifoso del Marocco, allora la Coppa del Mondo dovrebbe risolvere i danni della politica. Ma sappiamo tutti che la potenza di un Paese cresce in proporzione a ogni goal messo in rete.