Oggi Stay. è Barbara Kruger, che racconta il corpo femminile come campo di battaglia di grandi temi dei nostri tempi
di Francesca Staropoli
Minimalismo nei colori e potenza della commistione tra parole e immagini: questi sono gli elementi fondanti dell’opera di Barbara Kruger. L'immagine d'apertura è la sua opera più famosa: “Untitled (Your Body is a Battleground)” ed è una sintesi esaustiva dell'attivismo artistico in cui si traduce il pensiero della poliedrica artista statunitense.
L'opera risale al 1989, instaurandosi all'interno del dibattito sul diritto all’aborto, che negli USA è sempre stato molto sentito e acceso a causa della precarietà della sua garanzia costituzionale. Tale precarietà deriva anche dal fatto che per la società statunitense il dibattito si muove storicamente al contempo su una dimensione federale e nazionale: lo abbiamo visto ancora una volta all’inizio dell’estate, con la nuova sentenza della Corte Suprema che lo scorso 24 giugno ha negato la tutela del diritto all’aborto a livello nazionale, lasciando discrezionalità di gestione ai singoli Stati.
Negli anni in cui si colloca l’opera, il diritto all’aborto era ancora costituzionalmente garantito negli USA grazie alla sentenza Roe vs. Wade del 1973, ma nonostante ciò si stava vivendo un momento di crescente violenza perpetrata dai movimenti pro-vita per sostenere la propria posizione. Nel 1998, la BBC riportava come due anni prima un terzo delle cliniche che praticavano l’aborto negli Stati Uniti fosse stata oggetto di attacchi incendiari, lanci di bombe e atti di vandalismo da parte degli anti-abortisti.
Anche se il luogo fisico in cui queste violenze venivano messe in atto erano mura di edifici, il fuoco e l’imbrattamento bruciavano e sporcavano un altro luogo, quello su cui si gioca effettivamente la partita, la scelta: il corpo della donna.
Il messaggio testuale di Barbara Kruger è lampante e inequivocabile; la figura femminile è spogliata dei suoi colori naturali, la sua femminilità e il suo potere decisionale vengono annientati in una divisione netta tra il polo positivo bianco e quello negativo nero del volto femminile, colori che si pongono come due fazioni opposte in battaglia. I messaggi artistici di Kruger sono volutamente così espliciti, con figure tratte da ritagli di giornale e testi chiari e incisivi che rispecchiano l’urgenza di riflettere sui temi spinosi della società.
Al di là della denuncia nei confronti del culmine di violenza raggiunto negli anni ‘90 negli USA, ciò che i manifesti di Kruger evocano è di estrema attualità anche in Italia e in Europa, dove è in atto una involuzione delle nostre società che passa proprio per la negazione del diritto ad abortire. L’onda avversa che ha allarmato le coscienze di noi europei è partita dalla Polonia nel 2020: il 22 ottobre la sentenza del Tribunale Costituzionale polacco ha reso impossibile l’accesso all’aborto alle donne del Paese in quasi tutte le circostanze. Oltre alle conseguenze pratiche (tra aborti illegali e bisogno di spostarsi in un altro stato europeo per effettuare l’operazione) c’era in ballo - e continua a esserlo - l’autodeterminazione della donna come essere vivente, scevra del ruolo imposto di generatrice di vita condannata a mettere sé stessa, la sua salute e la sua volontà al secondo posto rispetto al feto.
Questa onda lunga delle legislazioni sempre più votate al pro-vita passa dalla Polonia all’Ungheria di Orbàn, poi dalla Slovacchia, da Malta (che impedisce l’aborto in qualsiasi circostanza) e sta già toccando l’Italia fin da queste prime ore di insediamento del nuovo governo di estrema destra, guidato da una donna, Giorgia Meloni, che traveste la sua posizione anti-abortista con la volontà di attuare politiche mirate a garantire il diritto a non abortire: una casistica che mette in pericolo la legge 194 e per la quale, oltretutto, non esistono costrizioni nel nostro Paese. Tradotto: non c’è bisogno di una legge per tutelare la volontà delle donne che vogliono portare avanti la gravidanza. Altre figure ultraconservatrici sono il Presidente della Camera, Lorenzo Fontana, e la ministra per la Famiglia e la Natalità Eugenia Maria Roccella, così come Maria Elisabetta Alberti Casellati, ex Presidente del Senato e ora ministra delle Riforme.
La presenza di rappresentanza politica femminile con questa visione aggrava ulteriormente il quadro della tutela dei diritti civili nel nostro Paese e rende di nuovo urgente soffermarsi su quale sarà la loro prospettiva futura anche oltre i confini nazionali. Questo perché il governo Meloni può decidere per le donne italiane, ma invertire la rotta sul diritto all'aborto è più semplice se ci sono già precedenti in altri Paesi e se c'è amicizia tra leader con simili visioni, come nel caso di Meloni e Orbàn.
Urgenza e globalità abbiamo detto: due aggettivi che ritroviamo nel lavoro di Barbara Kruger. L’universalità dell'arte può essere, poi, un catalizzatore di questa riflessione collettiva che dobbiamo intraprendere. Kruger, che con le sue figure e i suoi testi critica massivamente anche l’oggettificazione del corpo femminile in ottica consumistica e che critica duramente l’uso che ne fanno i mass media, è l’artista perfetta per aprirsi a considerazioni serie sul nostro presente: nella sua prolifica attività ha trattato anche altri grandi temi che come filo rosso hanno la minaccia all’autodeterminazione delle donne e che vengono dibattuti sempre sullo stesso campo di battaglia, svuotandolo del suo essere solo una parte, quella fisica, di un essere umano che in realtà è completo, libero e pensante. Che è donna.
Noi di Stay. crediamo fortemente nella sinergia arte-attualità, certe e consapevoli della loro reciproca influenza e definizione. Abbiamo, quindi, cambiato format per dare maggior importanza a questo concetto: ogni due settimane, la domenica, uscirà l’editoriale che, a partire da un’opera conosciuta, analizzerà e descriverà il tema. Nei giorni seguenti, invece, noi redattrici di Stay. scriveremo e vi terremo compagnia con le nostre rubriche su argomenti specifici, col fine ultimo di informare, intrattenere e appassionare. Stay. non è solo informazione ma un luogo di scambio e di crescita.
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