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Uomini e donne, non è una domanda retorica, ma rivolta a ognuno di voi, con possibilità di risposta, anche interiore. Dal vocabolario Treccani:
molèstia s. f. [dal lat. molestia, der. di molestus «molesto»]. – 1. Sensazione incresciosa di pena, di tormento, di incomodo, di disagio, di irritazione, provocata da persone o cose e in genere da tutto ciò che produce un turbamento del benessere fisico o della tranquillità spirituale.
Oppure
l’atto di infastidire con comportamenti, parole o atti indesiderati a sfondo sessuale. Il fatto stesso di molestare (con sign. più affine a disturbo): m. alle persone, in diritto penale, reato di chi, con qualunque mezzo, arrechi disturbo o fastidio ad altri.
In entrambe le definizioni, la molestia costituisce un atto che arreca un disturbo o, ancor di più, un vero e proprio turbamento come reazione a un’espressione sessuale non richiesta. Ma in questa metamorfosi sociale che dà sempre di più spazio alla virtualità, declinando situazioni della vita reale in quella virtuale, è possibile definire molestia l’invio di foto intime in chat senza il consenso del ricevente? Molte app di incontri stanno introducendo un vero e proprio regolamento da accettare all’atto della creazione del proprio profilo, attraverso il quale l’utente si impegna a rispettare quelle linee guida finalizzate a filtrare le molestie, appunto. Eppure il 56% delle donne iscritte alla nota app di dating Tinder, denuncia di aver ricevuto contenuti a sfondo sessuale senza il loro consenso e, quindi, dichiarano di essere state molestate. Il mondo del dating, in effetti, a tratti può diventare l’espressione più negativa di mascolinità, uno spazio in cui gli uomini esercitano il loro potere sessuale, la loro misoginia e quell’immaturità che li definisce gli eterni Peter Pan (vedi
adultescenza). Ed effettivamente i numeri potrebbero confermare questa tesi considerando che il 54% delle donne si sente sopraffatta da un’eccessiva quantità di messaggio, contro un 64% di uomini che, invece, alimenta un’insicurezza dettata dalla scarsa considerazione femminile in fatto di messaggi.
Di conseguenza – e non per forza dovrebbe essere così - gli uomini che si mettono in contatto con quelle poche donne che gli scrivono, esprimono quel lato più istintivo che oggi viene definito dalle donne “molestia”. Giusto o no, resta il fatto che l’impostazione delle dating app crei automaticamente un divario di genere attraverso un approccio che non mette uomini e donne in una situazione paritaria. Basti pensare all’app Bumble, creata da Whitney Wolfe Herd, già co-fondatrice di Tinder, che mette le donne nella condizione di fare il primo passo, affinché la relazione con il match dipenda in primis da loro, evitando, appunto, affinità non desiderate. L’obiettivo? Annullare totalmente quella parità di genere tanto decantata dalle donne stesse dal momento che si crea la situazione inversa alle tradizionali dating app, ovvero una persona che domina sull’altra, ma se lo fanno gli uomini vengono accusati di molestie o maschilismo.
Probabilmente i fattori che scatenano la definizione di certi gesti come molestie sono in primis, come già detto, la struttura delle dating app e in secundis l’approccio che uomini e donne hanno rispetto questi social. Considerarli il mezzo attraverso il quale conoscere nuove persone fa sì che essi non vengano trattati come spazio di sfogo di istinti sessuali. Al contrario, considerarli tali, rende questi spazi palcoscenico di espressioni negative di mascolinità e femminilità.
Ma torniamo alle molestie. Ricevere la foto del membro maschile, quando non richiesta, può essere messa al pari di una palpata, di un commento indecente o di un qualsiasi altro gesto a sfondo sessuale che urti il benessere fisico o spirituale di una persona? È sufficiente rivoluzionare il nostro vocabolario rapportato ai singoli gesti, oppure ci riempiamo la bocca di parole come molestia, violenza, maschilismo, femminismo senza saperli discernere e declinarli nelle diverse situazioni?
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