LA LINGUACCIA. Dal trauma al sogno: la storia delle parole racconta la società
Storie di etimologia e società a cura di Teresa Giannini
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Mi sono appassionata all’etimologia in terza liceo. Si è trattato di una vera e propria epifania in effetti. Durante una lezione sul movimento dello Sturm und Drang, la professoressa di tedesco (una donna con un singolarissimo senso dell’umorismo) ci fece notare che in Germania il termine sogno viene tradotto con traum, dal greco trayma: perforamento, ferita. Ciò che trovai incredibile allora, e che continua a stupirmi sempre, è il potere che il linguaggio ha di raccontare non solo una storia (quella della lingua per l’appunto), ma soprattutto di sintetizzare il carattere distintivo di una certa società.
Aristotele diceva che il primo atto di conoscenza è il dare un nome alle cose. E la parola con cui una persona descrive una cosa qualsiasi, ne esprime la sua personale percezione. In questo senso, il linguaggio è un po’ come la pittura: riflette un’interpretazione della realtà e identifica un preciso modo di vivere, di sentire (due pittori, guardando lo stesso soggetto, non dipingeranno mai due quadri uguali).
Traum e sogno: il vocabolo italiano, derivante dal latino somnus (sonno), è meno drammatico, in qualche modo più accomodante, morbido, privo di quel richiamo alla frattura (della realtà) da cui invece zampilla il mondo onirico alemanno. Probabilmente non è un caso che Johann Heinrich Füssli, artista de L’Incubo (The Nightmare), fosse svizzero e che Sigmund Freud, autore de L’interpretazione dei sogni, fosse cresciuto a Vienna (entrambi, quindi, tedescofoni). La cultura germanica, infatti, ha da sempre subito il fascino dell’inconoscibile e ha cercato spesso di forzare i confini che lo dividono dal reale, per raggiungere una dimensione del sapere quasi mitica.
Aldilà delle più esatte analisi della critica dell’arte, la tela di Füssli (di cui l’artista stesso dipinse più versioni, ma che ritrae comunque una donna stesa su un letto con un demone seduto sul ventre) racconta il traum. Lo fa visivamente, passando attraverso il timore e la curiosità. Dichiara che esiste una ferita (il demone, o i toni cupi della scena nella sua interezza) che tutti noi attraversiamo nel momento in cui ci addormentiamo e iniziamo a sognare.
Dato troppo spesso per scontato, il tema del linguaggio, e di come esso influenzi il modo di vedere e di pensare, è tornato in auge nei discorsi della collettività. Molte dichiarazioni della classe politica attuale stanno infatti riaccendendo l’interesse verso le parole e la loro storia (freschissimo il caso del Ministro Valditara, sull’umiliazione degli studenti). Perciò, in questo particolare momento storico di estrema trasformazione e carico di energia potenziale, il confronto tra traum e sogno diventa utile per ricordarci che le parole con cui una società si esprime, descrivono di riflesso ciò che quella stessa società è, i valori che ritiene importanti e la sua storia, tra passato, presente e futuro.