LA LINGUACCIA. La bellezza tra armonia e conflitto
La lingua che descrive il mondo di oggi, a Roma. Di Teresa Giannini
LE PAROLE A ROMA
Una non-romana che racconta Roma, come lo fa? Innanzitutto ponendosi tante domande e poi provando a estrapolare quelle giuste. Io sono Teresa Giannini, vivo nella Capitale da 12 anni e mi chiedo: è bella sì, ma cosa vuol dire?
Bello è un aggettivo molto meno banale di quanto si possa immaginare. Questo perché la sua origine si pone in mezzo ad altri due vocaboli ben noti e tra loro ossimorici: buono e guerra.
L'idea di bellezza, quindi, nasconde un legame controverso a due concetti opposti, comprensibile solo mediante una lettura storico-culturale della società latina. Va da sé che, come Roma, nessuna altra città possa essere tanto rappresentativa della sua complessità.
Bellezza e Roma sono concetti multiformi
Nel 1934, Carlo Buti cantava “Quanto sei bella Roma” e questa esclamazione, reinterpretata a più riprese negli anni successivi da nomi quali Anna Magnani e Claudio Villa (per poi diventare citazione con Antonello Venditti), ha fatto il giro del mondo, vendendo un’immagine romantica e affascinante di un’entità in realtà molto più stratificata.
Metaforicamente, la Città Eterna è infatti un’idea multiforme, che si nutre di contraddizioni e di tensioni: l’esempio tangibile dell’elasticità del significato di bellezza, frutto di una storia millenaria scandita da conquiste, distruzioni e rinascite; ricca di monumenti maestosi, palazzi nobiliari e fontane barocche, testimonianze di un passato tanto glorioso quanto sanguinario.
Nella sua lunga vita, Roma è risorta dalle proprie rovine in più di un’occasione, trasformando le cicatrici delle battaglie in opere d’arte, quasi a manifestare una correlazione “ciclica” tra le nozioni di guerra, bello e buono.
Buono è bello?
Gli antichi latini usavano il termine bellus come diminutivo di bonus: “buono” [BÈNULUS, BÈNLUS da cui BÈLLUS, con valore più simile a “comodo” o “carino”, in gergo familiare] e solo dopo lo hanno sostituito a pulcher e formosus (le parole già in uso per descrivere la grazia e la piacevolezza dell’aspetto fisico).
In pratica, e per astrazione, la pericolosa sovrapposizione tra apparenza e sostanza
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