LA LINGUACCIA. Gentilezza è una parola rivoluzionaria
La lingua che descrive il mondo di oggi. Su etimologia e società, di Teresa Giannini
Perché parlare delle parole?
“Oggi sappiamo che sono piuttosto le cose a essere spesso conseguenza dei nomi: sono le parole a influenzare i nostri comportamenti. Parole dette, ascoltate, digitate, lette in quell’incessante comunicazione che caratterizza il nostro tempo. Guardare il mondo dalle parole, allora, significa vedere e capire qualcosa in più di tutto quello che ci accade intorno” - G. Antonelli
Ciao a tutti e ben tornati su La Linguaccia 😊 Dato il clima insolitamente mite che sta caratterizzando questo febbraio, ho creduto giusto dare al numero di oggi un’impostazione similmente antitetica. Ecco perché nelle prossime righe parleremo di gentilezza, ma in chiave rivoluzionaria.
Gentilezza
s. f. [der. di gentile1]. – 1. ant. Nobiltà, sia ereditaria sia (secondo l’interpretazione degli stilnovisti) acquisita con l’esercizio della virtù e con l’elevatezza dei sentimenti: prende amore in g. loco (Guinizzelli). 2. a. La qualità propria di chi è gentile, nei varî sign. dell’aggettivo.
Treccani
Fa pendant con: solidarietà, altruismo, civiltà, intelligenza emotiva, squadra, equilibrio, coraggio, empatia, educazione, fiducia in se stessi.
Si contrappone a: prepotenza, presunzione, aggressività, egoismo, maleducazione, inciviltà, individualismo, menefreghismo.
Tutt’altra cosa rispetto a: fare buon viso a cattivo gioco.
Capiamo perché 🧐
Gentilezza è una delle parole a cui io personalmente attribuisco più significato. Una dote ampiamente sottovalutata in ogni sfera del vivere, ma che ha in sé una tale forza rigenerativa da farmi sperare che, prima o poi, sarà proprio lei a salvare il mondo.
Per chi come me vive lo sconforto quotidiano della prepotenza del cittadino romano medio (o qualsiasi altra prepotenza geograficamente localizzata), che il termine gentilezza abbia un potenziale rivoluzionario è abbastanza ovvio. In mezzo all’aggressività di questo caos, infatti, ogni più piccolo gesto solidale disinteressato sembra un evento di rara eccezionalità, qualcosa per cui bisogna sentirsi davvero molto fortunati.
Ma questo nobile vocabolo ha già nel suo DNA una portata rivoluzionaria. Prima di tutto perché a differenza di quanto suggerirebbe la più abituale gerarchia tra le parole, il sostantivo gentilezza deriva da un aggettivo: da gentile, «dal latino gentilis “che appartiene alla gens” e cioè al gruppo di famiglie che si riconoscevano discendenti da un comune capostipite» (G. Devoto). E, nella storia, queste famiglie sono state prima quelle dei non-ebrei, poi dei non-cristiani, poi dei nobili (della buona stirpe).
Il fatto che l’aggettivo (qualificativo) venga storicamente prima del sostantivo, ci fa capire quanto la gentilezza sia prima di tutto una qualità - appunto - identificativa della persona. Anche se inizialmente aveva un ruolo divisivo (sottolineava una non appartenenza ad un gruppo sociale specifico), il termine gentile ha assunto sfumature più inclusive di epoca in epoca, arrivando a cancellare completamente ogni tipo di confine fisico o antropologico. Una rivoluzione lenta ma assoluta, a cui oggi ci converrebbe dare seguito.
In un contesto orientato alla competizione come il nostro, infatti, praticare la gentilezza fa la differenza in tanti campi della vita. Un articolo che ho letto recentemente su Ninja Marketing, la descriveva ad esempio come una soft skill fondamentale in ambito lavorativo, capace di contrastare i momenti di tensione, aumentando i livelli di serotonina e dopamina nel sangue, e di costruire un più solido spirito di squadra tra colleghi.
Essere gentili vuol dire saper ascoltare, prendersi cura di se stessi e del prossimo, propendere alla serenità interiore e di gruppo, valorizzare il lavoro altrui e riuscire ad esprimersi con educazione e propositività quando si rende necessaria una critica (evitando quindi sia l’ipocrisia del quieto vivere, che la saccenteria gratuita). E il bello è che coltivare queste capacità produce benefici senza data di scadenza, addirittura privi di effetti collaterali per la salute psichica.
Anzi, le neuroscienze dimostrano che la gentilezza è addirittura contagiosa, grazie all’azione congiunta dei neuroni specchio, che predispongono gli esseri umani a imitare l'azione e a cogliere le emozioni degli altri, e dell’eduzione ricevuta che ci spinge a comportarci come ci è stato insegnato (e di conseguenza a trasmettere a nostra volta gli stessi insegnamenti). Un concetto che quindi va ben oltre la semplice cordialità o il garbo e che, soprattutto in questo momento storico, si rende necessario come alternativa, realisticamente valida e sostenibile, all’arroganza e alla sfrontatezza che sembrano imprescindibili caratteristiche per affermarsi nel mondo.
E qui sotto?! 👇🏻 Un elenco quasi random di parole da tenere a mente 😁
Dagli archivi di Stay. 🤓
Da un editoriale scritto da Paola Sireci sui rischi del troppo amore: tema della più amara attualità del nostro Paese, sconvolto dal fenomeno dei femminicidi, e della nostra quotidianità sentimentale.
Zuccherini per i nostalgici 💕
TUBO CATODICO. Da piccolina questa locuzione mi affascinava tantissimo, in particolar modo perché gli adulti non sapevano spiegarne benissimo il significato e poi perché non mi capacitavo di come i cartoni animati passassero attraverso un tubo prima di arrivare sullo schermo. Anche se viviamo nell’era del digitale e dell’ultrapiatto, oggi è ancora possibile vedere qualche bel esemplare di televisore a tubo catodico, magari come elemento di arredo in abitazioni o ristoranti dallo stile vintage, o in vendita nei mercatini dell’usato. Quando me ne capita uno sotto gli occhi, cado subito vittima del suo fascino. Chissà se le donne e gli uomini del futuro proveranno le stesse sensazioni ritrovandosi di fronte ad un televisore del 2024…