LA LINGUACCIA. Descrivere Roma? Il cibo lo fa meglio del Colosseo
La lingua che descrive il mondo di oggi, a Roma. Di Teresa Giannini
LE PAROLE A ROMA
Una non-romana che racconta Roma, come lo fa? Innanzitutto ponendosi tante domande e poi provando a estrapolare quelle giuste. Io sono Teresa Giannini, vivo nella Capitale da 12 anni e mi chiedo: cosa la racconta meglio, il Colosseo o la coda alla vaccinara?
Scavando nelle radici della parola cibo, troviamo diversi significati. Il termine deriva dal latino “cibus”, dalla radice di "capio" (prendere), che indicava non solo l’alimento, ma anche il sostentamento e la nutrizione in senso più ampio.
Oggi, con la complicità di alcuni programmi televisivi e della narrazione cinematografica dell'italianità, questo vocabolo ha ampliato i limiti della definizione classica, diventando descrizione di una cultura, di un'identità.
A Roma, più che in altre città italiane, il cibo è una vera e propria pratica religiosa. Non si tratta semplicemente di mangiare, ma di come lo si fa, dove e con chi. Un piatto di fettuccine al sugo di coda, un supplì o un maritozzo sono simboli di una tradizione millenaria e, come tali, vengono onorati.
L'identità culinaria romana ha infatti radici profonde, che affondano nella storia antica — quando l'alimentazione era basata su cereali, legumi, olio d'oliva e vino — e, nel corso dei secoli, si è arricchita di influenze straniere, come quella greca, araba o spagnola (in concordanza con le varie fasi di espansione dell'impero).
Di tutto questo, a noi resta principalmente il sapore: ricco, deciso e pienamente appagante, la traduzione alimentare della stessa architettura che disegna la città. E come quest'ultima, il cibo dà vita a vicoli, strade e piazze della capitale: pizze al taglio, panini con la porchetta e fritti misti sono autentiche icone, tanto quanto il Colosseo, Piazza di Spagna e la Cupola di San Pietro. I luoghi del mangiare e del bere, che rientrano negli amatissimi itinerari turistici, prima di tutto fanno parte del comune orgoglio cittadino: sono un'autentica rappresentazione di Roma e della sua supremazia culturale.
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I mercati rionali sono considerati patrimonio della tradizione culinaria, biblioteche di gusti ed odori pregiati: quelli del pesce, della pizza bianca, delle erbe aromatiche, del pecorino, del sugo. Interi quartieri sono stati riqualificati grazie ad opere di recupero dei mercati — Testaccio è forse l'esempio più popolare, ma non è l'unico. Le puntarelle, i carciofi e i supplì fatti a mano hanno letteralmente
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