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LA LINGUACCIA. Descrivere Roma? Il cibo lo fa meglio del Colosseo

LA LINGUACCIA. Descrivere Roma? Il cibo lo fa meglio del Colosseo

La lingua che descrive il mondo di oggi, a Roma. Di Teresa Giannini

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Oct 08, 2024
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LE PAROLE A ROMA

Una non-romana che racconta Roma, come lo fa? Innanzitutto ponendosi tante domande e poi provando a estrapolare quelle giuste. Io sono Teresa Giannini, vivo nella Capitale da 12 anni e mi chiedo: cosa la racconta meglio, il Colosseo o la coda alla vaccinara?

Giuseppe Arcimboldo - Estate, 1563 - Louvre, Parigi

Scavando nelle radici della parola cibo, troviamo diversi significati. Il termine deriva dal latino “cibus”, dalla radice di "capio" (prendere), che indicava non solo l’alimento, ma anche il sostentamento e la nutrizione in senso più ampio.

Oggi, con la complicità di alcuni programmi televisivi e della narrazione cinematografica dell'italianità, questo vocabolo ha ampliato i limiti della definizione classica, diventando descrizione di una cultura, di un'identità.

A Roma, più che in altre città italiane, il cibo è una vera e propria pratica religiosa. Non si tratta semplicemente di mangiare, ma di come lo si fa, dove e con chi. Un piatto di fettuccine al sugo di coda, un supplì o un maritozzo sono simboli di una tradizione millenaria e, come tali, vengono onorati.

L'identità culinaria romana ha infatti radici profonde, che affondano nella storia antica — quando l'alimentazione era basata su cereali, legumi, olio d'oliva e vino — e, nel corso dei secoli, si è arricchita di influenze straniere, come quella greca, araba o spagnola (in concordanza con le varie fasi di espansione dell'impero).

Di tutto questo, a noi resta principalmente il sapore: ricco, deciso e pienamente appagante, la traduzione alimentare della stessa architettura che disegna la città. E come quest'ultima, il cibo dà vita a vicoli, strade e piazze della capitale: pizze al taglio, panini con la porchetta e fritti misti sono autentiche icone, tanto quanto il Colosseo, Piazza di Spagna e la Cupola di San Pietro. I luoghi del mangiare e del bere, che rientrano negli amatissimi itinerari turistici, prima di tutto fanno parte del comune orgoglio cittadino: sono un'autentica rappresentazione di Roma e della sua supremazia culturale.

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I mercati rionali sono considerati patrimonio della tradizione culinaria, biblioteche di gusti ed odori pregiati: quelli del pesce, della pizza bianca, delle erbe aromatiche, del pecorino, del sugo. Interi quartieri sono stati riqualificati grazie ad opere di recupero dei mercati — Testaccio è forse l'esempio più popolare, ma non è l'unico. Le puntarelle, i carciofi e i supplì fatti a mano hanno letteralmente

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