Fino all’estremo ovest. Da Siviglia all’Algarve on the road
Se dovessi descrivere questo viaggio attribuendo una sola parola al luogo che ho visitato, sceglierei immensità. Sì, perché quando sei in piedi difronte all’oceano, non importa più cosa tu abbia alle spalle – se una città, una scogliera o una strada interminabile – no: ci sei tu e una creatura blu, mille volte blu, che accompagna il tuo sguardo così lontano da farti dimenticare dove ti trovi. L’Algarve è pura orizzontalità, una distesa senza confini di colori brillanti con sporadici spruzzi di bianco, da cui ogni tramonto sembra una vincita alla lotteria dello stupore.
Tra stanchi villaggi di pescatori e vivaci cittadine costiere, si dispiega una storia dal fascino misterioso che ben si ravvisa nei volti e nei modi del popolo portoghese: schivo, guardingo e fiero. La generosità di questa regione, di paesaggi mozzafiato (e lo scrivo letteralmente, perché ci si guadagna lo spettacolo muovendosi tanto), pesce squisito, storia (da quella geologica a quella antropica) e di spazio, non ha termini di paragone. Qui l’immensità diventa maniera di stare al mondo e di costruirlo.
Atterrati a Siviglia, dove abbiamo trascorso la prima e l’ultima notte, il mio compagno ed io abbiamo viaggiato per otto giorni on the road, esplorando la costa portoghese in lungo e in largo. Si è trattato di un itinerario a doppio binario, rivolto alla scoperta delle spiagge più particolari da un lato e, dall’altro, dei centri abitati più caratteristici (con i ristoranti dalla migliore reputazione)!
Un salto a Siviglia
La città-simbolo della corrida, con la sua famosissima Plaza de Toros (tra i siti da visitare), è stata una sorpresa. A parte tutte le considerazioni da turista, riconducibili in sintesi ad un unico e sentitissimo wow, mi sento di sottolineare la sostanziale vivibilità del capoluogo andaluso: luoghi pubblici curati, mobilità verde organizzata e generale costo della vita accessibile sono solo alcune delle caratteristiche che incidono positivamente sul primo impatto di Siviglia.
Detto questo, è poi sicuramente l’intreccio tra storia e contemporaneità a determinare quella suggestiva scenografia in divenire che è la città e che ti cattura, senza esitazioni, tra le sue facciate dense di dettagli minuziosi e le viuzze tortuose che vanno e vengono dalle piazze alberate, brulicanti di bar e ristoranti.
Per una visita come la mia, durata in totale un giorno e mezzo, i consigli migliori che posso dare sono tre. Primo tra tutti: lasciare a casa la pigrizia. Scarpe comode ai piedi, bisogna preventivare di camminare tanto e dormire poco, per avere modo di godersi un po’ della vivace vita notturna e, ovviamente, visitare almeno la Cattedrale e Plaza de España con la necessaria calma; perdersi nei vicoli del Casco Antiguo; concedersi una passeggiata sul lungofiume del Guadalquivir, magari al tramonto dopo una breve sosta davanti alla Torre del Oro.
Secondo consiglio: non fermarsi al prosciutto! Il jamón spagnolo è famoso in tutto il mondo e Siviglia certo non tradisce la reputazione di questa prelibatezza, ma il pesce fritto merita sicuramente un posto nella complessiva esperienza culinaria, così come la presa ibérica (taglio di maiale) e il solomillo di vaca (filetto di manzo) – sia in forma di tapas, il tipico antipasto spagnolo, che di piatto vero e proprio. Per una cena memorabile, segnalo El Rinconcillo (stupenda la location storica e fenomenale la cucina).
Ultimo suggerimento: ritagliarsi un paio d’ore per assistere ad uno spettacolo di flamenco. Ovunque vi troviate, cercate un locale in cui poterlo vedere. Solitamente gli orari sono due (intorno alle 19.00 e intorno alle 22.00) ed è possibile organizzarsi in modo da far coincidere questa sosta dalla serrata tabella di marcia con il momento dell’aperitivo o della cena.
L’Algarve
Lasciarsi l’Andalusia alle spalle, viaggiando verso il sud del Portogallo, necessita un vero e proprio cambio di prospettiva: si va incontro all’oceano Atlantico, che resterà al tuo fianco per tutto il tempo, con la sua presenza ingombrante e potente. La città diventa altro, diventa un porto: un fitto agglomerato di case bianche e minute, ben proporzionate, strette in un abbraccio sagomato intorno alla baia; si confonde con il proprio accesso all’oceano e, in tal senso, diventa praia, cosicché ogni centro abitato ha una spiaggia da visitare e viceversa.
L’est: Tavira e il parco lagunare di Ria Formosa
Tavira è una delle prime cittadine in cui ci si imbatte una volta superato il confine con la Spagna. Attraversata dal Rio Gilão, si estende fino all’oceano disgregandosi progressivamente, e con raro fascino, nel sistema lagunare del parco di Ria Formosa (che si allunga fino al capoluogo Faro). Nel centro storico, camminando sulle strade lastricate, tra piazzette e giardini a misura d’uomo, circondati dai caratteristici azulejos, si avverte un’atmosfera piacevolmente borghese.
Il mio compagno ed io ci siamo fermati a Tavira per due notti (tornando indietro ne aggiungerei una), soggiornando in una guest house davvero carina a Praça da República – la piazza principale – con vista diretta sul fiume e su Ponte Romana (ricostruzione seicentesca del ponte che sorgeva sulla strada romana per Castro Marim). Da qui sono bastati pochi minuti per visitare gli edifici storici più importanti, tra cui l’Igreja da Misericórdia, il Castelo e il Palácio de Galeria.
Per mangiare abbiamo avuto l’imbarazzo della scelta, dato il numero di bar, pasticcerie e i ristoranti tipici. A cena rigorosamente nei romantici vicoli aldilà del ponte Romana, scrutati dalla peculiare popolazione di gatti scarni, con il muso allungato. Per onorare l’avventura culinaria di questo viaggio, devo suggerire assolutamente lo spezzatino di maiale con vongole di Zeca da Bica e, sempre qui, il dolce di carrube e mandorle (il servizio e la presentazione sono un po’ alla buona, ma il cibo è imbattibile).
Facendo base a Tavira è stato facile raggiungere le spiagge bianche di Ria Formosa. Noi abbiamo preferito spostarci in macchina fino alla collina sormontata dal villaggio di Cacela Velha e poi prendere la barchetta fino alla spiaggia antistante. Data la scarsa profondità dell’acqua, in molti hanno preferito risparmiare i 5 euro di biglietto andata-ritorno e avventurarsi camminando, ma la temperatura dell’oceano è decisamente proibitiva per chi, come me, è abituato a quella del mediterraneo.
I punti da cui accedere al parco di Ria Formosa sono molteplici lungo tutta la costa, ma questo ha un fascino davvero unico. La vista dall’alto dei pallidi isolotti che emergono a filo d’acqua, già vale il viaggio. La discesa fino alla riva, resa un po’ incerta dall’assenza di segnaletica e dall’abbondanza di vegetazione, svela poco a poco la conformazione della laguna, fin quando non si sale sul taxi-barchetta e la vista può liberarsi finalmente sull’intero piano dell’orizzonte.
Cacela Velha mi ha dato la stessa indecifrabile emozione delle lenzuola stese da mia nonna sotto il sole di giugno: sorretti e trattenuti unicamente da un filo, hanno un equilibrio volatile, cangiante; una bellezza metafisica che prende forza dalla luce e dal paesaggio circostante.
L’ovest: da Albufeira a Lagos e fino alla costa vicentina
La parola Algarve deriva dall’arabo al-Gharb tradotto: “l’ovest”. Non è un caso, quindi, se organizzando la nostra vacanza, il mio compagno ed io abbiamo immaginato esattamente un pellegrinaggio in tappe verso ovest, fino alla punta più estrema del Portogallo Meridionale. Salutando l’eleganza di Tavira e la calma serafica della laguna di Ria Formosa, ci siamo avventurati nelle terre più selvagge della costa occidentale.
In cinque giorni di ritmi abbastanza serrati (ma ci siamo dati del tempo anche per un po’ di sano bivacco), abbiamo costruito un itinerario emozionante, ricco di spiagge spettacolari, villaggi caratteristici e cittadine più modaiole. Procedendo in ordine, la prima fermata è stata Albufeira, una realtà così insolita nel panorama della regione che in fin dei conti mi ha divertita. Più che in Portogallo, infatti, abbiamo avuto l’impressione di camminare tra le strade di una Las Vegas in miniatura: insegne eccentriche sbucano da ogni dove, segnalando vistosamente ristoranti di cucine straniere o fantomatiche gelaterie italiane. Del vecchio villaggio di pescatori non è rimasto molto, se non il generale impianto urbano e l’eccezionale affaccio sulla spiaggia che, insieme a quello della vicina Carvoeiro, è uno dei più scenografici.
Con l’oceano sempre alla nostra sinistra, abbiamo guidato fino a Praia da Marinha (lasciando la macchina in un parcheggio a circa venti minuti di cammino dalla spiaggia vera e propria) e, con un po’ di arrampicata tra gli scogli, siamo arrivati fino all’attigua Praia da Mesquita.
Allontanarsi da paradisi terrestri come questi è possibile solo quando ci sono altri paradisi ancora da visitare! E solo così siamo riusciti a proseguire per Benagil, dove ci siamo imbarcati per un tour di un’ora alla scoperta delle bellezze nascoste della scogliera. La rinomata Algar (“grotta”) de Benagil è un’enorme cupola di roccia ocra, con un oculo centrale puntato verso il cielo, che ricorda una versione naturale del Pantheon di Roma ed è una meta obbligata – confermo meritatamente – di qualsiasi itinerario algarviano.
Le località successive, Algar Seco e Carvoeiro, non ci hanno delusi. Della prima è emozionante la passeggiata sulla baia rocciosa, soprattutto se fatta al tramonto. La seconda, invece, è famosa per come si inserisce nel paesaggio e si apre sull’Atlantico: un compatto agglomerato di case ed edifici rigorosamente bianchi che si inerpica su una scogliera dorata, con alle spalle le colline e ai piedi una tranquilla spiaggia.
Ancora più ad ovest sorge Lagos: un centro abitato che ha trovato il giusto equilibrio tra la propria tradizione storica e culturale, la vocazione turistica e il rapporto con l’oceano. Il cuore della città è animato da negozi, botteghe artigiane, ristoranti e locali per la movida; è sempre vivo e ti accoglie in un’atmosfera informale subito familiare, dov’è bello fare due passi semplicemente guardandosi intorno, osservando gli edifici colorati o gli spettacoli degli artisti di strada. Si mangia ottimo pesce a prezzi bassissimi (da provare la grigliata di A Forja) e si raggiungono a piedi spiagge e promontori stupendi. In una giornata sola ci si muove facilmente da Praia dos Estudantes a Praia da Dona Ana; poco distanti la Praia do Camilo e il promontorio di Ponta da Piedade che meritano un’escursione.
La fine del nostro indimenticabile viaggio verso l’ovest coincide con i cancelli rossi del faro di Cabo de São Vicente (più una breve “licenza poetica” in direzione nord, sulla selvaggia costa vicentina). L’estremità sud-occidentale d’Europa è un promontorio che deve il suo nome a un sacerdote spagnolo martirizzato dai romani. Questo luogo unico attrae migliaia di visitatori all’anno: ci si trova, dopotutto, a strapiombo sull’oceano da una prospettiva privilegiata. Il pranzo è servito, per così dire, da una manciata di furgoncini di street food parcheggiati appena fuori l’area del faro (sarà che ero affamata, ma ho trovato squisito anche il panino comprato lì, ripieno di carne sfumata nel vino).
Trovandoci già sulla costa vicentina, dal Cabo abbiamo deciso di allontanarci di qualche chilometro più su, per visitare le ultime due spiagge della nostra lunga lista: Praia do Amado e Praia da Bordeira. Parole e fotografie non sono sufficienti a trasmettere il profondo senso di stupore che mi ha scossa una volta scesa dalla macchina, trovandomi difronte a quel paesaggio così particolare e inaspettato. I surfisti di tutto il mondo si ritrovano qui per cavalcare l’oceano, mentre escursionisti di vario genere optano per la lunga strada di terra battuta che percorre la scogliera. Tutti guardano essenzialmente tre cose: la terra rossa, l’acqua blu e quella mistica linea che ci separa dal cielo. Come dicevo all’inizio, immensità.