Quello che sto per dirti non ti piacerà e forse ti metterà un po’ di angoscia, almeno ha me l’ha messa. Mi scuso anticipatamente per lo stato d’animo che ti provocherò leggendomi, ma questa cosa qui, questa che sto per dirti, la devi sapere.
Parlo proprio di sentimenti, anzi di turbamenti, e riguarda Tiktok e il suo algoritmo.
«NO MA CHE PALLE ST’ALGORITMO».
Lo hai pensato?
È vero. Che palle parlare di algoritmi e di TikTok, ma aver approfondito questo microuniverso mi ha sconvolto e voglio confessarti ciò che ho scoperto anche per sentirmi meno stupida, o semplicemente, per parlarne con qualcuno. «Scrivi che ti passa», mi direbbe probabilmente uno psicoanalista squattrinato. Ma ‘sta roba sappi che è pesante da digerire.
Allora, arrivo al dunque.
Prendi me e te che apriamo l’app di TikTok per cazzeggiare. Siamo sdraiati sul divano e vogliamo svagarci un attimo. Magari siamo anche giù di morale. Insomma proviamo qualche filtro divertente con la telecamera sparata sul volto: quello con le lentiggini, quello cartoon, o quello che ci ringiovanisce. Ad ogni attributo facciale che aggiungiamo (labbra siliconate, sopracciglia infoltite, occhioni alla Sophia Loren) permettiamo all’algoritmo di scanzionare le nostre impronte facciali e vocali. Le sole attraverso cui risalire alla nostra identità proprio mentre pensiamo di divertirci o di fare qualcosa di creativo.
L’algoritmo, intanto, ci sta rubando tutto. La voce, gli occhi e il nostro stato psicologico.
E stai un po’ a vedere come lo fa.
L’algoritmo di TikTok è quello più aggressivo di tutti i social che conosciamo.
È la piattaforma più scaricata e seguita dai giovani al mondo ed è cresciuta in soli cinque anni più di Instagram e YouTube, più di tutte quelle popolari prima di lei. Posseduta dal gigante ByteDance, con 130mila dipendenti in trenta paesi al mondo e un miliardo di utenti attivi al mese, l’azienda cinese vale 300 miliardi di dollari grazie al suo motore di raccomandazione potentissimo.
Dopo un ventennio di dominio della Silicon Valley, è la prima volta che un’app di social sbanca il web fuori dalle coste di San Francisco. Come lo ha fatto?
Grazie alla pubblicità!
Tre milioni di dollari al giorno, per l’esattezza. Più di ogni altra piattaforma della storia.
A far esplodere TikTok in tutto il mondo fu la pandemia (ricordi?). Tantissime persone chiuse in casa che dovevano essere intrattenute e questa app aveva tutto quello che serviva: un algoritmo che ti chiedeva di fare nulla se non scrollare.
Ed è ancora così perché TikTok ti impedisce di staccarti da lei e di abbandonarla. La calamita che ci intrattiene è stata creata dagli ingegneri di ByteDance studiando centinaia di app concorrenti sul mercato, e i loro algoritmi, mettendo insieme le migliori.
Così ha progettato una specie di Frankenstein chiamato Computer Vision.
Ha creato un mostro.
È un’intelligenza artificiale sofisticatissima addestrata su milioni di cinesi e che continua a imparare velocemente, più di qualsiasi altra app sulla terra.
L’occhio invisibile di TikTok è lì che ci studia e conosce sempre di più su di noi, meglio che di noi.
Sulle caratteristiche di questo algoritmo si sa pochissimo, possiamo però fare delle supposizioni. Esiste “Biometric mirror”, specchio biometrico, un algoritmo addestrato per identificare la nostra età, il sesso, l’etnia, il nostro grado di felicità, di responsabilità e la nostra instabilità emotiva. In una parola: CHI SIAMO.
Molte società americane selezionano già il personale attraverso questa intelligenza artificiale ed è probabilmente così che TikTok scansiona il nostro identitik quando siamo online. Una foto o video del nostro volto può essere analizzata anche per intercettare il nostro stato psicologico.
Dunque se sei depresso, felice o imbronciato l’algoritmo lo sa perché ci vede. E vedendoci e capendoci ci suggerisce contenuti che si legano a quello stato d’animo facendoci cadere nella trappola del nostro stesso umore.
Un processo di rinforzo che amplifica il sentimento che sentiamo fino a farci convincere di avere un problema, anche se non ce lo abbiamo.
È mostruoso, appunto.
La nostra identità, soprattutto in età adolescenziale, è plasmata da questo Frankenstein che ci suggerisce contenuti che probabilmente non avremmo mai dovuto vedere.
Intanto per addolcirti la pillola…
Le 5 COSE CHE…sto leggendo, guardando, ascoltando, gustando e riflettendo.
Un elenco dei (miei) 5 sensi culturali. Sentiti liber* di lasciarti ispirare e inoltrarlo agli amici.
Sto leggendo:
“Libri che mi hanno rovinato la vita e altri amori malinconici” di Daria Bignardi
Lo leggi in una sera. Ti appunterai un sacco di libri da comprare.
Sto guardando:
O meglio, ho guardato al cinema “Mon Crime. La colpevole sono io”
Una mitraglietta di emozioni che ti lascia senza fiato. VEDILO.
Sto ascoltando:
Il podcast “One more time” di Luca Casadei
Che intervista un sacco di gente interessante.
Sto gustando:
La canzone “Kool & The Gang – Fresh”
Freschissima.
Sto riflettendo:
“The poet Rilke looked at a statue of Apollo about fifty years ago, and Apollo spoke to him. ‘You must change your life,’ he said. When true myth rises into consciousness, that is always its message. You must change your life.”
— Ursula K. Le Guin
Alla prossima!